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Beppe grillo e il movimento cinque stelle

Creato il 05 luglio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

di Matteo Boldrini

Nelle ultime settimane la scena politica è stata dominata, tra le altre cose, da una possibile spaccatura interna al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. La frattura si è consumata intorno alle dichiarazioni della senatrice Adele Gambaro in seguito alla tornata di amministrative, e da allora sembra essersi allargata a dismisura. La senatrice aveva addossato le colpe della disfatta direttamente a Beppe Grillo e alle sue prese di posizione durante la campagna elettorale, in particolare per le dichiarazioni sul Parlamento.

 

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Questo attacco non è piaciuto per niente al comico genovese che, oltre che a scomunicarla ufficialmente, ha proposto un referendum online tra gli iscritti per espellere la senatrice. La proposta ha suscitato molte perplessità tra gli stessi parlamentari a cinque stelle, e ha fatto interrogare anche molti commentatori politici, solitamente molto generosi verso Beppe Grillo, sulla legittimità di un atto che più che una violazione di un codice di condotta sembra un reato di lesa maestà. L’ipotesi di una espulsione non aveva trovato un grande entusiasmo all’interno del gruppo parlamentare, che anzi in alcune sue parti sembrava persino sostenere la senatrice, e potersi addirittura spaccare dando origine ad un gruppo autonomo, al punto che Grillo sembrava ventilare l’ipotesi di un ritiro del simbolo e del nome – di proprietà sua e di Casaleggio – dalla scena politica, abbandonando gli eletti al loro destino.

La soluzione è stata poi trovata con un referendum online tra la base grillina, tra quelli che potremmo definire gli “iscritti” del movimento, che hanno decretato per l’espulsione della Gambaro, non riuscendo però a sanare la frattura che si è creata. Nei giorni successivi vi è stato un continuo abbandono del gruppo da parte dei parlamentari eletti con il movimento ma che non condividono questa decisione e i modi autoritari di Grillo. Viene dunque da chiedersi se la posizione così rigida assunta negli ultimi mesi, che ha portato alla perdita di alcuni membri e al rischio di una scissione, sia davvero conveniente per il movimento, e se essa sia frutto delle manie di grandezza di Grillo, incapace di tollerare ogni dissenso e soggetto a delle manie di grandezza, o se invece faccia parte di un preciso calcolo politico di qualche tipo.

Credo che nonostante il fatto che la polemica sia partita da un attacco direttamente alla personalità di Grillo, cosa che ha senza dubbio contribuito a radicalizzarla, vi è un buon grado di tattica dietro questa mossa. In questa partita più che una banale critica o la possibilità di esternare determinate opinioni, vi era in gioco il controllo stesso del leader sul partito ed il grado di indipendenza che una parte di esso, in particolare i parlamentari, possono avere. Beppe Grillo è cosciente del fatto che coloro che divengono eletti a delle cariche pubbliche rappresentano un contraltare fortissimo alla sua personalità e alla sua leadership. Essi possono vantare di essere stati eletti, prima che dagli elettori dagli stessi iscritti al movimento, vantando quindi una forma di legittimazione di grande importanza che può essere fatta valere in caso di scontri interni. Godono quindi di una forma di legittimità che li investe personalmente, a cui si associa una forte indipendenza e margini di manovra molto ampi. La classe parlamentare ha sempre rappresentato un problema per i partiti, specie quelli populisti. Da un lato vi è una maggiore visibilità di queste figure intermedie che intervengono nel dibattito pubblico con maggiore frequenza oscurando la presenza del leader della formazione politica, dall’altro esse sono più portate al compromesso dell’elettorato e soprattutto degli iscritti. Non è infatti certamente nuova l’idea di un partito in cui gli eletti siano più disposti al dialogo e quindi più “moderati” della base. Tutto questo si accentua in un partito populista come quello di Grillo, dove il comico ed il suo sito rappresentano la fonte unica delle informazioni e del sapere e dove vi è una base che è stata galvanizzata per mesi da una retorica radicale e che quindi è maggiormente predisposta nel vedere in ogni tentennamento un segno di tradimento. Anche la scelta di far decidere gli iscritti diviene lo strumento del leader per serrare le fila intorno alla base, una base più radicale come abbiamo già detto, contro il gruppo parlamentare, visto che dal punto di vista della legittimità essa appare assai dubbia in quanto poco più di diecimila iscritti decidono la sorte di parlamentari eletti con milioni di moti.

Grillo per scelta di opportunità politica si trova all’esterno del Parlamento non riuscendo a controllare personalmente il comportamento dei suoi eletti e questo è un motivo aggiuntivo che lo fa dubitare di loro. Infine bisogna considerate che Grillo ha costruito tutta la campagna elettorale su una forte contrapposizione con gli altri partiti, costruendo un “nemico” esterno identificato nei deputati dei partiti tradizionali. La presenza di un nemico interno identificato con i deputati dissenzienti e quindi traditori, magari al soldo del nemico esterno, contribuisce a dare unità al movimento inoltre, come la storia ci insegna, spesso la censura era giustificata in nome di un nemico interno.

Per concludere vi è dunque un preciso ragionamento, esplicito o meno, dietro questo comportamento. Esso mira infatti a tenere serrate le fila di un movimento giovane ed estremamente fluido, non possiamo sapere se alla fine produrrà dei frutti e se comporterà la marginalità del partito e del gruppo parlamentare grillino.

 

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