Con la rapidità delle organizzazioni che non hanno strutture burocratiche che ne rallentino l'azione è subito arrivata l'espulsione del primo degli ammutinati del movimento 5 stelle, la creatura politica di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio: la "vittima" è Valentino Tavolazzi, consigliere comunale di Ferrara e organizzatore del congresso nazionale di Rimini, di cui avevo parlato ieri.
In realtà si dovrebbe parlare di una non espulsione, perché se si fa parte di una non associazione fondata sulle norme di un non statuto è evidente che nessuno possa essere espulso. Un concetto che dovrebbe essere chiaro, se si riesce a comprendere la vera natura del movimento creato da Grillo, cosa che molti non hanno ancora fatto o semplicemente non vogliono fare.
Non è chiaramente un caso se mentre la stampa nazionale quasi ignora la notizia, relegandola in qualche trafiletto nelle pagine interne, questa viene invece messa in evidenza e commentata su su giornali come l'Unità e il Fatto Quotidiano, che con Grillo e il suo movimento qualche legame ce l'hanno: il primo perché già in passato ha polemizzato col comico genovese ha proposito dei fondi pubblici al giornale, che attraversa l'ennesima crisi e rischia la chiusura, il secondo perché era una volta molto vicino al movimento dei grillini, fino a quando improvvisamente si arrivò ad una rottura tra Grillo e Travaglio, che interruppe la collaborazione tra i due.
Secondo l'Unità ormai la maggioranza dei suoi seguaci sono pronti ad abbandonare Grillo, considerato un dittatore alla stregua di Hitler, mentre i commentatori del Fatto Quotidiano, mettono in dubbio le dinamiche democratiche all'interno del M5S, paragonando però Grillo non a Hitler ma a Stalin, dimostrando ancora una volta di non aver capito, o non voler capire, che questi non è un partito, ma un'organizzazione spontanea raccolta attorno a degli obiettivi da realizzare, con poche ma chiare regole interne da rispettare.
Appare del tutto evidente, a chiunque analizzi la cosa con onestà intellettuale, che chi come Tavolazzi decide di andare oltre lo spontaneismo da "comitato permanente", come l'ho definito ieri, e creare una struttura direttiva gerarchica e piramidale, tanto che pare che a Rimini si sia discussa la candidatura a premier dello stesso Tavolazzi alle prossime elezioni politiche, si pone automaticamente al di fuori del movimento. Nemmeno si può pertanto parlare di espulsione, quanto un invito a non usare i simboli e la denominazione del movimento per la sua attività politica, ne tanto meno il nome di Beppe Grillo.
Tavolazzi può quindi continuare la sua lotta politica con la lista civica con la quale è stato eletto a Ferrara e dare vita ad un nuovo soggetto politico con i 150 intervenuti al congresso di Rimini e con tutti i grillini che vorranno appoggiarlo, pure come candidato premier, ma è evidente che non può più considerarsi un esponente del M5S.
Concetti elementari, ma che non si vogliono cogliere, soprattutto perché il successo del movimento di Grillo ha cominciato a far paura a coloro che pensano possa danneggiare elettoralmente la propria parte politica: non è un caso che gli unici a dar spazio alle polemiche sono media vicini al Pd e al Sel.
L'esperimento politico di Grillo e Casaleggio, quello di creare un non partito con una struttura orizzontale, senza burocrazia e dirigenza, semplicemente orientato alla risoluzione di problemi reali, ben individuati, e caratterizzato dal ricambio continuo dei sostenitori, come in una sorta di Rivoluzione permanente marxista trotskista, è coraggioso ma fragile. Ha ottenuto dei buoni risultati nelle elezioni locali, ma mi pare molto difficile possa fare altrettanto a livello di una elezione politica nazionale, quando in qualche modo bisognerà indicare un leader che non vedo come possa essere individuato dalla base, mentre una nomina da parte di dello stesso Grillo sarebbe naturalmente vista come l'imposizione del despota.
Sarà interessante seguire l'evoluzione del non partito e le modalità con la quale Grillo e Casaleggio decideranno scegliere i candidati delle liste elettorali e il candidato premier, che dovrebbe avvenire, secondo lo spirito del movimento, attraverso le consultazioni in rete della base. Una cosa difficile da realizzare, ma che se dovesse riuscire costringerebbe tutti i partiti a ripensare le proprie strutture e le proprie finalità.