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Bereavement, di Stevan Mena (2010)

Creato il 03 settembre 2011 da Psichetechne
Bereavement, di Stevan Mena (2010)

Minersville, Pennsylvania, un bambino di sei anni gioca su un'altalena nel giardino di casa sua mentre sua madre è in casa a prendere il tè con un'amica. Martin Bristoll, questo è il nome del bambino, viene prelevato dall'altalena e rapito da Graham Sutter, un bruto ex gaeleotto psicotico, che lo rinchiude in una vecchia fabbrica abbandonata, costringendolo per lunghi anni ad assistere a torture e vessazioni di ogni tipo che Graham infligge alle sue vittime (usualmente giovani donne rapite esse stesse e poi trascinate nella vecchia fabbrica sul suo scuro furgone). L'orrendo destino di Martin rimane sconosciuto al mondo per cinque anni, fino a quando la diciassettenne Allison Miller decide di andare a vivere dallo zio Jonathan che abita con moglie e figlia in una villetta non distante dalla casa di Sutter. Facendo jogging, Allison si accorgerà della presenza di un bambino spaventato all'interno della decrepita costruzione non lontana dalla casa degli zii. La curiosità di Allison alimenterà una spirale maligna dalle imprevedibili conseguenze...
Bereavement, di Stevan Mena (2010)

C'è finalmente una buona, anzi ottima notizia proveniente dal mondo cinematografico perturbante statunitense. Notizia che sono lietissimo di comunicare e che consiste in un film: "Bereavement", di Stevan Mena, regista geniale e capace di eguagliare, se non addirittura di superare il Pascal Laugier di "Martyrs" (2008). Rispetto a questo parallelismo che vado dipingendo, e che proseguirà nel corso della presente recensione, sento già mormorii critici sullo sfondo, dei quali non mi curo, poichè ritengo questa pellicola davvero interessante, tanto quanto avevo ritenuto "Martyrs" una vera chiave di volta del genere horror contemporaneo. Stevan Mena costruisce un lugubre, claustrofobico, brutale incubo, contrappuntato da una perfetta colonna sonora dai toni funerei e insieme martellanti (dello stesso Mena), capace di impreziosire le sequenze più strong, che poi non sono poche. Il film non è facile da digerire, nemmeno per gli stomaci più corazzati, soprattutto per il fatto che Mena allestisce il dramma dell'uccisione dell'infanzia, o per dire meglio dell'anima di un bambino, costretto a fare da testimone muto delle efferratezze di un villain che proprio mai vorremmo incontrare sul nostro cammino. Un vero "alieno", cioè, lontano mille miglia da qualsiasi forma di umanità e affettività. Un alieno non solo nel senso della violenza nella cui gabbia è prigioniero e insieme secondino, ma anche nel senso strettamente psichiatrico di psicotico, cioè allucinato, delirante, serial killer tra l'organizzato e il disorganizzato, sempre al bordo di un crollo psicotico che tuttavia non attraversa mai. "Bereavement" è il prequel di "Malevolence" (2004), sempre di Mena, e ci vuole raccontare cosa accade a partire dal punto in cui Martin viene rapito, fino a cinque anni dopo, quando cioè il bambino ha circa undici anni. Già a partire da questo assunto, lo script non lascia speranze, e affligge lo spettatore fin dalle prime sequenze, attraverso la creazione di atmosfere plumbee, deprivate ("bereavement" significa appunto "privazione", "perdita", "annullamento"), polverose, sempre angolate da inquadrature che aggettano su angoli bui e legnosi, dietro cui giovani donne appese a ganci vengono accoltellate e dissanguate. In questi stessi angoli bui "abita" l'anima di Martin, ostaggio di Graham, a sua volta ostaggio dell'allucinazione parlante di un grande teschio di bufalo cornuto, appeso in una stanza della sua casa, e che ben presto diverrà anche il protagonista dei sogni di Martin (vedi foto sopra). Le affinità con "Martyrs" qui si affollano evocativamente: come la povera Lucie (Mylène Jampanoi), anche Martin è costretto ad un contatto con il Trauma, fatto di identificazioni sottili, infiltrative con il suo carnefice, che è poi un'effige perversa e/o psicotica del Potere Assoluto, annichilente. Nel caso di "Martyrs" il "potere della violenza" è perpetrato da un gruppo, è collettivo; si tratta però di un gruppo che si comporta come un individuo tetragono, totalitario.  In "Bereavement" il gruppo è costituito da un individuo, Graham, un "individuo" che è però, al suo interno, frammentato come un gruppo. La violenza di Graham e quella del gruppo di Mademoiselle, in "Martyrs", è tuttavia la medesima, e tende a mostrarci gli effetti devastanti del potere mediante la sovversione (al limite del rappresentabile, anche cinematografico) della relazione umana. La "marcia in più" che "Bereavement" possiede, rispetto a "Martyrs" (altri mormorii in fondo alla sala...), è data da più fattori convergenti: intanto si tratta di un film che pur partendo da una piattaforma low-budget (circa 2 milioni di dollari), riesce a trasmettere emozioni molto intense ed inquietanti, promuovendo riflessioni e associazioni profonde che film più costosi e hollywoodiani non riescono a fare; il secondo fattore risiede nel fatto che "Bereavement" sfugge alla seduzione di un manierismo e di una cura del particolare su cui "Martyrs" si siede come sugli allori, a tratti, pur mantenendo una sua precisa geometria architettonica; il terzo aspetto a vantaggio del film di Mena consiste in una sceneggiatura calibratissima in ogni suo punto, e che dà il meglio di sè nell'ambito di una perfetta congiunzione tra prefinale e finale, che lascia a bocca aperta, incrementando ritmicamente i colpi di scena e la suspense in modo intensissimo, fino al finale, che ci fa rimanere incollati alla poltrona, pensosi e tremebondi fin dopo lo scorrere dei titoli di coda, inutilmente cullati da una colonna sonora (sui titoli di coda, appunto) molto dolce e pacata. Tale colonna ci trasporta infine alla rapida sequenza finale, collegata temporalmente ai fatti di "Malevolence". Le performances degli attori sono tutte mirabili, in particolare quella di Alexandra Daddario (Allison), che con i suoi occhioni azzurri dovrà affrontare durissime prove, proprio come Anna di "Martyrs" (tutta la sequenza della cella frigorifera in cui Allison viene rinchiusa da Graham, è una delle migliori cose che abbia visto da molto tempo a questa parte in ambito horror). Brett Ryckaby, è tremendissimo nell'interpretare la cattiveria folle di Sutter, così come il piccolo Spencer List, sebbene non proferisca parola nel corso di tutta la pellicola, determina con la sua semplice presenza scenica smottamenti emotivi non da poco nello spettatore adulto, sebbene vaccinato, europeo e civilizzato. "Bereavement": film memorabile, anche nel senso che rimane impresso nella mente e nel cuore, dopo la sua visione, proprio per il suo terreo pessimismo, per l'assoluta, drammatica icasticità volta a rappresentare il luogo ("non-luogo" al limite del rappresentabile) della totale assenza di speranza. Da vedere, necessariamente, prioritariamente.
Regia: Stevan Mena Sceneggiatura: Stevan Mena Fotografia: Marco Coppetta Montaggio: Stevan Mena Musiche: Stevan Mena Cast: Michael Biehn, Alexandra Daddario, John Savage, Spencer List, Peyton List,  Nolan Gerald Funk, Brett Rickaby, Valentina de Angelis Nazione: USA Produzione: Aurilia Arts Productions, Crimson Films Durata: 103 min.


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