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- Scritto da Simone Soranna
- Categoria: Berlinale 2016
- Pubblicato: 16 Febbraio 2016
CARTAS DA GUERRA di Ivo M. Ferreira (concorso)
Sicuramente coraggioso è il progetto in cui si cimenta il regista portoghese Ivo M. Ferreira. Il suo Cartas da guerra è un war movie più che insolito, basato sulle vere lettere spedite da un soldato nella guerra coloniale del 1971 alla sua amata moglie rimasta giustamente in Patria. La voice over di lui e di lei legge ogni singola riga scritta dal fronte mentre la macchina da presa, con uno stile estetizzante un po' troppo compiaciuto, ricostruisce le scene di una realtà desolante e desolata, lontanissima (non solo geograficamente parlando) dalla quotidianità sicura e concreta nella quale siamo soliti vivere. Lo straniamento ricercato dal regista è efficace e sottile, in grado di donare al film un'aura a tratti metafisica con la quale fare i conti alternando intimità, natura, orrore e desiderio di evasione. Probabilmente più prolisso e pedante del dovuto (una volta intuita la forma e la struttura, il tutto inizia a diventare meno attraente e ripetitivo), il film rimane una scelta coraggiosa sia da produrre che da selezionare in concorso.
Voto: 2,5/4BEING 17 di André Téchiné (concorso)
Raccontando la delicata storia di un'amicizia tra due compagni di classe profondamente diversi, dal colore della loro pelle sino all'estrazione sociale e l'ambiente quotidiano di appartenenza, André Téchiné firma un'opera intensa e significativa, coraggiosa per come continua a sorprendere lo spettatore con svolte narrative d'impatto e tematicamente rischiose senza tuttavia mai cedere alla tentazione della retorica. Non si parla (solo) di crescita, di amore (omosessuale o meno che sia) e di uguaglianza, ma anche di famiglia, fiducia e speranza. Il tutto decorato da uno stile grezzo ma delicato al tempo stesso e soprattutto solidamente costruito sopra i dettami di una sceneggiatura composta e capace di intuire il valore fondamentale dell'ironia per una parabola di simile portata. I difetti sicuramente non mancano (la figura del padre militare prima di tutto, così come una certa leggerezza di fondo che a tratti potrebbe risultare un po' semplice e accomodante), ma nel complesso rimane uno dei titoli più apprezzati visti in concorso.
Voto: 2,5/4
DEATH IN SARAJEVO di Danis Tanovic (concorso)
E' un film estremamente complesso quello orchestrato da Danis Tanovic. Un'opera teatrale profonda e compatta trasposta sul grande schermo con un grande senso della messa in scena e della rilettura narrativa, capaci di rendere la versione cinematografica ancora più enigmatica e stimolante del previsto. Tanovic elabora una metafora perfetta della società odierna attraverso l'allegoria di un grande albergo dove chi comanda è (ovviamente) sull'orlo del baratro mentre chi è comandato si divide tra la voglia di sovvertire le regole e la tenacia nel resistere nonostante tutto. Il film però rischia ancora di più, vincendo una sfida artistica davvero significativa. Il cineasta infatti non si accontenta di proporre il suo sguardo personale sui tempi che corrono, ma getta un'interpretazione violenta e agghiacciante su quella che ad oggi è l'Europa in cui viviamo: rapporti internazionali basati sulla facciata, una tensione palpabile pronta ad esplodere al minimo sgarro, incomunicabilità verticale che separa la dirigenza dal popolo ecc. Tutto viene analizzato con spirito satirico ironico ma pungente e tutto viene rappresentato in una sorta di sfilata carnevalesca tra le vie sinuose di un albergo labirintico nel quale perdersi completamente. Tanovic dirige con mano sicura e il suo cinema affascina e incuriosisce, stimolando subito il desiderio ma anche la necessità di una seconda visione.
Voto: 3/4