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Berlinale 2016. I miei 4 film di venerdì 12 febbraio

Creato il 14 febbraio 2016 da Luigilocatelli
'Creepy' di Kiyoshi Kurosawa

‘Creepy’ di Kiyoshi Kurosawa

1) Hedi (Inhebbek Hedi di Mohamed Ben Attia. Competizione.
Tunisia, oggi. Il breve ma decisivo incontro del torpido Hedi, promesso sposo suo malgrado a una brava ragazza che lui non ama, con l’animatrice turistica Rim. La sua vita cambierà. Una piccola rivelazione. Coproducono i Dardenne. Sarà un successo arthouse internzionale. Voto tra il 6 e il 7. La recensione.
2) Midnight Special di Jeff Nichols. Competizione.
Il regista di Take Shelter racconta di un bambino speciale cui molti danno la caccia. Ma la saldatura tra family drama e cinema di genere non riuesce quasi mai. Peccato. Le intenzioni erano ottime. Voto tra il 5 e il 6. La recensione.
3) Boris sans Béatrice di Denis Côté. Competizione.
Lui manager, lei ministressa del governo canadese (di destra) ora caduta in depressione. E però il piacionissimo marito la tradisce con più di una donna. Finché non arriverà un misterioso giustiziere deciso a farlo smettere. Apologo ambizioso ma per niente riuscito sul potere come malattia. Voto 5. La recensione.
4) Creepy di Kiyoshi Kurosawa. Berlinale Special Gala.
Omonimo, ma non parente. KK è ormai uno dei nuovi maestri del cinema giapponese, il suo ultimo Verso l’altra riva visto all’ultimo Cannes-Un certain regard, è stato incluso dai Cahiers du Cinéma tra 10 film migliori del 2015. Anche se io avevo amato molto di più i suoi precedenti Seventh Code (piccolo capolavoro) e Real. Con Creepy, chissà perché messo fuori concorso, conferma in ieno la sua statura d’autore di rispetto mostrando di essere un virtuoso della cinepresa, capace di ovimenti di macchina elaboratissimi e complessi ma mai autoreferenziali, mai celibi, sempre funzionali alla narrazione. In questo film di genere su un serial killer della porta accanto mostra di aver metabolizzato come pochi la lezione hitchockiana, nell’uso sapiente della mdp (quella panoramica dall’alto dell’agglomerato di case dove ogni delitto è possibile!), nella capacità di montare la tensione secondo una progressione di esattezza geometrica. E però, come siamo lontani da Hollywood. Già da una delle prime scene, una sparatoria sulla scalinata di un palazzo di giustizia, ci rendiamo conto di come a Kurosawa interessino più i tormenti delle anime che l’action o la pienezza orgamisca dello spettacolo-spettacolo. Un bravo poliziotto dopo uno shock lascia e si mette a insegnare alliuniversità, trasferendosi vicino al nuovo posto di lavoro con la giovane moglia. Ma finiranno nel mirino di un vicino alquanto sinistro. Son parecchie le inverosimiglianze, e però il cinema di Kuroswa ha un respiro così naturale, e i suoi attori sono così meravigliosamente credibili, che dimentichiamo subito quello che non va per concentrarci sul carico di paure, colpe, rimorsi, avidità, pulsioni omicide. Uno dei migliori film a oggi di tutta la Berlinale. Cinema umanista, mai compiaciuto, mai laido. Voto 8


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