Il primo contatto con la città non è esattamente berlinese; ceniamo con L. in un ristorante spagnolo quasi sotto casa, La tienda del toro. D’altra parte la nostra serata si annuncia lunga visto che ci aspetta un concerto di musica classica alla Philharmonie di Berlino e poi un’esplorazione della vita notturna berlinese del fine settimana.
Io non riesco a tenere gli occhi aperti per tutto il concerto (la mia cultura musicale è davvero troppo scarsa!) e quindi non riesco neppure a partecipare al successivo dibattito tra L. e C. sulla scarsa incisività dell’esecuzione e la limitata capacità di trasmettere forza emotiva, anche da parte della violinista solista.
L’esperienza però è stata bella e conto di ripeterla a Roma all’Accademia nazionale di Santa Cecilia.
E infatti il primo bar, nascosto in un sottopassaggio, occupa un vecchio negozio di mobili, da cui prende il nome, Möbel-Olfe, e accoglie giovani e meno giovani dalle facce diverse e interessanti. Non ha veri e propri posti a sedere se non alti sgabelloni e alcuni tavolini per una breve sosta e una birra.
A questo punto ci spostiamo in un bar poco distante intitolato al film di Bunuel El Ángel Exterminador, Würgeengel, che ha un’aria decisamente più bohemienne e curata, ma mantiene una sostanziale semplicità e un’atmosfera molto rilassata.
Riusciamo a sederci a un tavolino e passiamo a un pastis digestivo. Intorno a noi giovani di ogni nazionalità, ma anche molti berlinesi che chiacchierano e ridono.
Siamo pronte per uno storico locale berlinese, l’SO36, dove si narra che negli anni Ottanta si potevano incontrare personaggi del calibro di David Bowie. C’è una festa con tre dj di cui una più che cinquantenne. All’interno c’è molta gente che balla, gente anche qui di ogni età ed estrazione sociale. Ma si è ormai fatto tardissimo e noi siamo ormai distrutte. Si torna a casa per ricaricare le energie per il giorno dopo.
Poi andiamo a visitare una specie di mercatino delle pulci che si tiene ogni sabato e domenica in un capannone che era un tempo una rimessa per gli autobus. Un posto molto berlinese, pieno zeppo di oggetti in buona parte inutili, al cui ingresso campeggia un salotto giallo molto anni Settanta e molto Germania Est.
Quindi ci incamminiamo verso Kreuzberg, passiamo a dare un occhio al ponte sulla Spree e prima di addentrarci torniamo sui nostri passi verso un posto che abbiamo adocchiato, un ristorantino sul canale che si chiama Freischwimmer dove è in corso il brunch. Qui accade uno degli episodi che faranno dire a C. e L. che nella mia vita precedente probabilmente ero tedesca (tanto più che a colazione bevo caffè filtrato allungato con latte condensato!): la cameriera mi parla in tedesco e io – come niente fosse – traduco per C. Si ripeterà però solo in un’altra circostanza nel corso del viaggio!
Ci rimettiamo in cammino poiché io mi sono fissata che voglio vedere l’Admiralbrücke, il ponticello dove i giovani si siedono per terra sui ciottoli a bere e chiacchierare nel verde scenario del canale.
Percorriamo il lungo-canale superati da biciclette, persone con i cani, gente che fa jogging, famigliole in libera uscita domenicale. Tutto molto rilassante.
All’Admiralbrücke non possiamo che fare come tutti gli altri, sederci per un po’ e guardarci intorno.
A questo punto siamo pronte ad attraversare Kreuzberg di giorno passando per Kottbusser Tor e per Oranienstrasse. Certo di domenica l’atmosfera è meno affascinante e movimentata!
La domenica è il pomeriggio ad essere stato danzante. Ora, in questo posto in cui si alternano i segni di un passato elegante ed elementi kitsch come i fili argentati lungo le parti e la palla stroboscopica da discoteca c’è un grande spazio vuoto al centro e i tavoli lungo il perimetro.
Mangiamo cucina tedesca, delle buonissime polpette con purè di patate, lo stinco di agnello al forno, le Königsberger Klopse (delle polpette in salsa bianca accompagnate da rape rosse), il tutto ovviamente innaffiato di birra. Sazie e soddisfatte, eccoci a casa.