Quando vivevo ancora a Cardiff, in un periodo strano della mia vita britannica, mi trasferii per alcuni mesi in un quartiere “difficile” della città. Il quartiere si chiamava Splot, così diverso dalla alcolica Saint Mary Street o la studentesca Woodville Road.
Un giorno, esplorando Splot, vidi, o immaginai di vedere, tre nani all’incrocio tra Topaz Street e Diamond Street. Non avevo ben chiaro cosa avessero dovuto fare questi tre nani, ma l’idea malsana di un loro incontro in un mio romanzo, che avrei chiamato SPLOT!, mi frullò in testa per mesi. Poi si andò a riposare da qualche parte, mentre finivo il mio dottorato e mi trasferivo in Italia. Prima a Trieste e poi in Sardegna.
Anni dopo, prendendo un caffè in piazza Plebiscito prima di un incontro con un agente letterario napoletano (era il 2008 credo), la trama in cui i tre nani si sarebbero dovuti muovere si materializzò: i tre protagonisti erano diventati un nano, un gobbo e uno storpio, Adonis, Hugh e Cäser, e avrebbero realizzato la “macchina grandiosa” per il loro “suicidio felice”.
Era il 2009 quando decisi di andare di nuovo via dall’Italia. La mia prossima città sarebbe stata anche la location del romanzo. Amsterdam e Berlino le città che più mi attraevano e in cui avevo delle possibilità di lavoro. In qualche modo Berlino cantava il richiamo più forte e così decisi: arrivai nella Capitale tedesca il 7 novembre 2009, in tempo per il ventennale della caduta del muro.
Berlino è una città immensa e trascorsi i primi mesi a capire in quale quartiere avrei vissuto. Ero attratto da Berlino Est, Prenzlauer Berg e Friedrichshain in particolare. Poi un amico appena conosciuto, ma amico da subito, mi suggerì un “kiez” che sarebbe diventato a detta di molti il quartiere più interessante di Berlino: il “kiez” era Neukölln.
Quando 4 anni fa mi trasferii in una casa all’ultimo piano con una finestra a forma di arco su Mahlowerstraße, a Neukölln vivevano famiglie turche, tedeschi molto poveri e io. Le strade alberate attorno al mio appartamento erano piacevoli, ma deserte. Le persone che ci vivevano mi sembravano persone-personaggi creati dalla penna di un Kafka moderno, così casuali e simbolici nel loro essere strambi.
Cominciai a scrivere il romanzo di Hugh, Cäser e Adonis e lo chiamai provvisoriamente BerlinXxX.
Per conoscere meglio Neukölln e i suoi personaggi, scrivevo per bar e con carta e penna, cosa che non avevo mai fatto prima. Ogni tanto fotografavo i quaderni su cui scrivevo. La trama cresceva insieme al numero dei quaderni e vedevo Cäser, Hugh e Adonis andarsene in giro interagendo con le persone-personaggi che io realmente incontravo nelle strade di Neukölln.
Dopo qualche anno di scrittura, la prima stesura di BerlinXxX è quasi pronta, i quaderni sono ormai tredici, e le foto raccolte in una collezione di istantanee di scrittura e vita berlinese (BerlinXxX su Instagram).
Intanto Neukölln è esplosa: il quartiere in cui vivo ora è frequentato da studenti e artisti, i bar animati da baldorie notturne, la metropolitana affollata a ogni ora (qui un mio articolo su Neukölln, tra viaggio e scrittura). Non male per un quartiere che ancora oggi nelle guide di Berlino è descritto come “provinciale e fuori dalla vita della città”. Anche questo ci sarà in BerlinXxX, la trasformazione di Neukölln e frammenti della mia vita berlinese, trasfigurata nelle stramberie quotidiane di un nano, uno storpio e un gobbo.
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