La voce stanca, l’aspetto provato. I prodigi della chirurgia estetica non possono mascherare più di tanto l’età. Settantasette anni sono molti, soprattuto per chi li ha vissuti ‘ai limiti’, in ogni senso. Così si presenta Silvio Berlusconi, nel suo discorso di ‘congedo’ dalle istituzioni. Mentre Palazzo Madama prende atto della sua decadenza da senatore, il leader del Centrodestra si circoda dei suoi fedeli, del suo ‘pubblico’. Essere amato, è il suo imperativo ed il suo grosso limite. Da sempre. L’allergia verso i contestatori o chi la pensa diversamente, non è nel suo modo di essere. Il discorso è quello di sempre. Giudici, Sinistra, Corte Costituzionale, tutti contro di lui. Mai una ammissione, mai un ‘ho sbagliato’. Non è nel suo DNA.
Da oggi Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Non pochi, a sinistra, brinderanno. C’è poco da festeggiare. Come scrissi già in occasione delle dimissioni da Palazzo Chigi, a novembre di due anni fa, l’Italia postberlusconiana si porta dietro una spaccatura verticale della società. Il Ventennio berlusconiano ha prodotto prima e cementato poi due grandi ‘fazioni’ politiche, ideologiche e sociali. Berlusconismo ed antiberlusconismo si sono sedimentati nelle coscienze di molti cittadini sino ad influenzarne anche le amicizie, le conoscenze ed i rapporti sentimentali. Il suo modo di fare politica permea oramai il Paese. Decenni vissuti sulle contrapposizioni, sull’odio e sulla delegittimazione, diventata ben presto reciproca, saranno difficili da estirpare. La stessa ‘cultura’ prodotta dal suo modo di fare è ben presente in ogni aspetto della vita quotidiana, nel modo stesso di concepire lo Stato, il rispetto delle regole, la serietà, l’onore ed i valori.
Berlusconi oggi decade ma non viene sconfitto. I suoi interessi sono troppo grandi per essere accantonati. Sarà possibile sanare le ferite di un Paese ‘malato’ quando ‘la malattia’ è ancora in circolo?
Ben presto potremmo scoprire che si è chiusa solo una fase del berlusconismo. Quella ‘migliore’.