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Ora il premier deve dimettersi:
I MERCATI danno la caccia all'Italia. È una doppia fragilità quella che espone il nostro Paese. La prima è strutturale, con un debito pubblico enorme e una manovra finanziaria che non prevede misure per la crescita ma taglia soltanto - con un segno di classe - aumentando le imposte, deprimendo consumi e investimenti e spostando ad un futuro incerto gli interventi decisivi.
La seconda è politica, con la liquefazione della leadership di Silvio Berlusconi che palesemente non guida più né il governo, né la maggioranza né il Paese, oggi in balia dei venti come non è mai stato nemmeno nei momenti peggiori della prima Repubblica.
I mercati giudicano le debolezze e ne traggono profitto. Il premier è di fatto commissariato dall'autorità dell'Unione Europea, del Quirinale e di Bankitalia, con l'obbligo di varare una manovra che non voleva, che ha avversato e che ha votato contestandola. In mezzo alla tempesta della speculazione, il presidente del Consiglio non è stato in grado di spendere una parola di credibilità e di governo, si è preoccupato soltanto di chiedere l'impunità per l'onorevole Papa, il membro del suo partito su cui pende una richiesta di arresto per concussione e favoreggiamento.
Per tutte queste ragioni, per gli scandali che lo circondano, per le lotte interne ad una maggioranza costruita con la compravendita di parlamentari, Berlusconi è oggi un chiaro elemento di debolezza di un Paese fortemente a rischio: lo ha sottolineato la stampa europea, lo ripetono gli analisti finanziari, lo certificano i sondaggi.
Alla responsabilità dell'opposizione, che ha consentito il varo della manovra a tempo di record, deve corrispondere la responsabilità della maggioranza. Si prenda atto che il Paese non è governato in un passaggio pericoloso, quando serve uno sforzo congiunto che non si può realizzare attorno a questo esecutivo, e se ne traggano le conseguenze. Berlusconi può fare finalmente qualcosa di utile per l'Italia: dimettersi, al più presto.
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