Da Romano a Ruby, passando per Gheddafi, la storia del Pu Yi italiano Ormai Silvio si è trasformato in uno tsunami, di soldi e di nomine. Meno non può. Quando si dice che è impossibile che continui a fare il presidente del consiglio perché il suo livello di ricattabilità è arrivato ad un punto di non ritorno, nessuno afferma il falso né si può dire che sia frutto di un antiberlusconismo viscerale: è solo la verità. Caso Romano. Il presidente Napolitano aveva già espresso a Silvio le sue perplessità sul capo-comico dei Responsabili. “È coinvolto in inchieste di mafia – aveva detto il capo dello stato quando Berlusconi gli propose la nomina – mi sembra inopportuno che diventi ministro”. Silvio abbozzò e prese tempo. Ma poi la situazione era precipitata. Occorreva portare a casa il conflitto di attribuzione e i voti della Scilipoti Band&Co. erano indispensabili per cercare di salvare il culo dall’accusa di concussione e di sfruttamento della prostituzione minorile. Nel frattempo la “Premiata Ditta Mercenari&Affini”, aveva indetto una conferenza stampa per far sapere a Silvio che o entravano nel governo o avrebbero rimesso in discussione il loro appoggio. (Apriamo una piccola parentesi di colore: durante la conferenza stampa Silvio aveva telefonato a Romano in diretta dal suo telefonino. Ma non aveva detto di non averlo più? Chiusa parentesi). È così che ieri, con il cappello in mano, Berlusconi è andato da Napolitano e gli ha detto: “Caro Giorgio o firmi la nomina di Romano o c’è il rischio serio di una crisi di governo”. Il passaggio da ricattato a ricattatore è stato immediato e Napolitano ha firmato per puro senso del dovere. La fregatura è che, contestualmente al suo “si”, il presidente ha detto che avrebbe reso pubbliche le perplessità sulla nomina e tanto è stato. Il tempo di firmare l’atto per il neo ministro dell’agricoltura (e di una battuta “umana” al figlio di Saverio Romano) che già le note di agenzia riportavano le “perplessità” presidenziali. E non solo. Il Quirinale ha tenuto a precisare che le “stesse perplessità politico-istituzionali avanzate una settimana fa erano rimaste immutate”. Silvio si è così ritrovato con il cerino in mano che gli sta leggermente scottando la punta delle dita, e non può permettersi neppure di scatenare un attacco frontale contro Napolitano altrimenti, sono le sue parole: “Correrei il rischio di gettare l’Udc e Fli fra le braccia del Pd”. Caso Ruby. Sembrerà strano ma la fresca reginetta del Ballo delle debuttanti di Vienna, aveva un computer portatile e, da quello che si sa, sapeva anche usarlo. Gli investigatori hanno infatti trovato nella “cartella 3.9” della “sottocartella documenti”, un file ritenuto estremamente interessante. È vero che non sono ancora riusciti a capire bene cosa diavolo possa essere quel “racconto”, ma leggendolo si sono resi conto che Ruby ha ricostruito per filo e per segno la sua vita dall’incontro fatale con Emilio Fede al concorso di bellezza in Sicilia, fino agli interrogatori del pm Pietro Forno. Spiccano alcune note, come quella del primo regalo di Silvio, un collier d’oro e diamanti di Damiani e una busta con 46mila euro; perché poi 46mila e non 45 o 50 è un mistero difficile da decifrare. E Ruby racconta anche il primo, caloroso incontro con Silvio: “Il presidente mi chiamò nel suo studio e mi disse che avrebbe potuto cambiare la mia vita. Risposi che avrei accettato se lo avesse fatto per umanità ma non per avere un tornaconto. Si mise a ridere e con tono sarcastico mi disse che non cercava tornaconto e che lui poteva avere tutto quello che voleva. lo gli risposi che io non ero tra ‘quel tutto’. Si mise ancora a ridere”. Karima parla anche della bontà di Lele Mora il quale, una volta saputo che era minorenne, si offrì di prenderla in affidamento visto che Ruby aveva continuato a far credere di essere orfana, egiziana, vergine e nipote di Mubarak.Caso Gheddafi. Dopo essere stato il suo servo sciocco e avergli pubblicamente baciato la mano, rifiutandosi però di mangiare “er pappone”, Silvio è stato costretto a bombardarlo. Con il cuore a pezzi, e le labbra che ancora hanno l’inebriante sapore dello sterco del cammello del Cojonello, Silvio sta cercando in tutti i modi di metterci una pezza fino ad offrirsi come mediatore fra l’Occidente e il dittatore libico. Perché lo faccia è sotto gli occhi di tutti; Gheddafi ha promesso di vendicarsi violentemente di chi lo sta attaccando, iniziando proprio da Silvio. E come si chiama questo se non essere sotto ricatto? Caso Chiesa cattolica. Non poteva mancare un nostro articolo che non finisse in gloria. Il “ricatto” delle gerarchie vaticane è sottile, così come ci ha abituato la diplomazia d’Oltretevere. Vuoi i nostri voti? Ti devi assoggettare, e anche se non ti converti non ce ne frega una mazza. L’importante è che non ci fai pagare l’Ici, ci finanzi le nostre scuole, non fai passare le coppie di fatto e il testamento biologico, trasformi i pellegrinaggi del Papa in “grande opera” e li paghi tu e, se proprio vuoi essere generoso, ci dai l’80 per cento dell’8 per mille che gli italiani destinano allo Stato, cioè a te. A fronte di tutto ciò avrai i nostri voti e ti sarà perdonato tutto, compresi i vizietti di cambiare donna ogni sera, aver divorziato due volte, bestemmiato un pochettino e qualche volta corrotto. Poca roba, insomma, per un perdono pronto-cash.
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