Bernardo Silva, il piccolo Messi lusitano alla conquista dell’Europa

Creato il 30 giugno 2015 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste

L' Europeo Under 21 che si sta giocando in Repubblica ceca verrà ricordato come il torneo della consacrazione calcistica per Bernardo Silva. Lui è stato il miglior giocatore del torneo fino a questo momento a dispetto della sua piccola statura e dei contrasti che da bambino non vinceva mai. La classe fulgida ha avuto la meglio sul calcio prosaico e muscolare. Ebbene sì, perché non è evidente, quando si è bambini, riuscire ad emergere se le doti fisiche non ti supportano. Il piede è quello dei predestinati, il mancino, quello che incantò i selezionatori del Benfica il giorno del maxi provino. Un suo compagno di squadra, Guilherme Matos lo ricorda così: "Bernardo era il più piccolo, non vinceva un contrasto, non saltava, aveva paura dei duelli. Lo chiamavamo Cabeças perché aveva una testa grande per il suo corpo. Era fortissimo a calciotennis. erano lui e Ricardo Horta". Quest'ultimo, uno dei giustizieri della Germania in quella che è stata la disfatta del biennio ai danni dei favoriti del torneo, sarà presente anche nella finale contro la Svezia.

Poi però si cresce e le cose cambiano. Il suo 1,73 m per 65 kg lo eleggono ancora come uno dei più piccoli del torneo. Cionostante bernardo Silva è il migliore, meglio del metronomo incontrista William (portentoso fisicamente) e meglio del nostro Domenico Berardi. Quando da bambini si è costretti a supplire alle inferiorità fisiche con la tecnica, se si è predisposti - intendo dire decisamente talentuosi - e si è affamati, si diventa quello che Lionel Messi è oggi. Non è un caso che Bernardo Silva sia chiamato "o Messizinho", il piccolo Messi: va precisato, a dispetto dei tanti Messi che ogni nazione calcistica proclama, che non è uno dei tanti paragoni lanciati per attirare i riflettori. L'affermazione è fatta cum grano salis. Questo giocatore ha lo spirito giusto per affermarsi, l'umiltà necessaria per migliorare e la disciplina richiesta per non deragliare. Sì, perché insieme al talento, la differenza la fanno l'intelligenza e l'istruzione. In un'intervista a ammise che era grato ai suoi genitori per l'educazione impartitagli, cosa che comprende anche la disciplina. E lui studia dai grandi: i suoi idoli sono Zinédine Zidane (la ruleta la imita proprio da lui), Manuel Rui Costa (bandiera del Benfica) e Joao Moutinho (compagno di squadra al Monaco). Il suo controllo palla è eccellente e giocare nello stretto con tocchi rapidi e/o volanti sono il suo forte. Non è un caso che il Monaco ci abbia speso 15 milioni di euro per rimpiazzare un certo James Rodriguez. E non è tutto: l'investimento è stato effettuato sebbene il giocatore avesse giocato solo 30 minuti in prima squadra.

Tuttavia il Benfica gli rimarrà nel cuore e sulla pelle; ha ammesso infatti: "Non andrei a Porto e Sporting per tutti i soldi del mondo". E per suggellare la sua devozione al club della capitale portoghese si è tatuato sul braccio il motto del club: "E pluribus unum" ("Da tanti, uno solo").

Al primo anno in Ligue 1 ha segnato nove gol, niente male per uno della sua età. Rispetto al numero dieci colombiano che in Copa América è andato decisamente sotto le attese, il portoghese ha una maggiore propensione alla costruzione della manovra, esattamente come il suo idolo Moutinho. Tra le linee è inmarcabile: sia che decida di accentrarsi per il tiro sia che decida di andare sul fondo; d'altronde può fare affidamento sul suo dribbling irresistibile: in questo europeo è lui ad aver effettuato il maggior numero di dribbling.

Poi però succede quello che non ti aspetti: il giovane affronta il torneo con lo spirito giusto e finisce anche nella top 10 dei palloni recuperati. Encomiabile davvero.
Al controllar la palla, già la sposta e questo disorienta l'avversario. Abilissimo con entrambi i piedi, rapido e mobilissimo dal momento che corre molto anche per la squadra. Però, intervistato ammette qual è il suo miglior pregio: " Saper prendere la decisione migliore in campo al momento giusto". Esattamente quell'intelligenza calcistica così difficile da allenare, ma così consona a chi ha la giusta apertura mentale. Essere un vero numero diez vuol dire tutto questo.
O menino detém talento, o equilìbrio delicado da arte perdida.

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