Bersani e le sagge cavallette di Re Giorgio

Creato il 03 aprile 2013 da Albertocapece

Napolitano, a sorpresa, manda a remengo le commissioni dei saggi dopo averle ideate, istituite e messe nel carnaio del post elezioni: “saranno solo consultive, non daranno indicazioni sull’esecutivo”, insomma faranno quattro chiacchiere tra amici e magari una partita a briscola in attesa che il fax sputi le indicazioni di Draghi su cosa dovranno consigliare. Ma allora a cosa è servito questo siparietto, questa sorta di piccola bicamerale Pdl-Pd che già in sé rappresenta quell’inciucio tra apparati che vuole re Giorgio e che chiede l’Europa per imporre, senza resistenza, altre e più gravose condizioni?

A due scopi, uno generale e altro personale. Il primo è di tirare le cose in lungo, evitare le dimissioni anticipate del presidente ben sapendo che con un Quirinale che non può sciogliere le Camere diventa pressoché impossibile fare qualsiasi governo che non sia d’inciucio: nessun parlamentare teme di dover tornare a casa dunque Berlusconi può dedicarsi ai suoi ricatti senza mal di pancia del suo personale di servizio, Grillo non deve temere una seria spaccatura sulla linea dell’alleanza con nessuno e nel Pd possono prendere  spazio la muffa dalemo veltroniana e i personaggi a libro paga della finanza come Renzi, questa volta uniti per mandare in acido Bersani e dedicarsi ai baci e abbracci con Silvio. Tanto abbiamo il pilota automatico di Draghi che sa come il tempo lavori per una soluzione  di larghe intese disponibile ai massacri. Certo è impressionante vedere come alla Francia sia stato fatto passare uno sforamento al 5%  del deficit, mentre quel cazzo buffo di Olli Rehn sia sia affrettato a dire che per l’Italia non ci sarà remissione se non rimarrà entro il 3% il che naturalmente implica nuove tasse. Ma d’altronde quando non s’incontra resistenza si tende ad esagerare.

L’altro scopo è che Napolitano arrivando fino all’ultimo minuto del suo mandato, tiene aperta la battaglia sui candidati al Quirinale e quindi ha più speranze e probabilità di essere prorogato o rieletto, cosa che dice di non volere, ma alla quale tiene così spasmodicamente che rinuncerebbe persino alle amate mozzarelle di bufala pur di continuare ad abitare sul colle più alto. Sa che con la sua uscita di scena si aprirebbe una revisione critica del suo settennato da far tremare le vene e i polsi, soprattutto nella sua opera di tutela di Berlusconi e in ultimo di se stesso e dei misteri della Repubblica.

In tutta questa miseria, il timido e impacciato Bersani, uomo di apparato, anti leader per eccellenza, giganteggia come Amleto dentro la tragedia del Paese. Un anno e mezzo ha commesso l’errore fatale di non andare alle elezioni e forse di non arrivare a un chiarimento dentro il partito, ma ora sembra preso da una tetragona volontà di non mollare l’osso che ai miei occhi lo rivaluta come l’unico che cerchi di non abbandonare del tutto il Paese alla finanza. Certo, forse è troppo tardi, troppi errori sono stati commessi, troppa arrendevolezza è stata spesa, troppe speranze sono state deluse. Ma almeno acquista una sua dignità in mezzo all’impazzare delle cavallette.


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