Berto, Priscilla, Antonia, Francesco, Pimpi, Giuseppe.
Come potrei scrivere il mio nome. Non potrei scriverlo.
Non so mettere l'una dopo l'altra parole che dicono di me.
Mi sono ritrovata a cercare l'unità di misura dei momenti.
Ho provato con il tempo, ma il conto dei minuti non sa fornirmi il peso di certi istanti, non li discrimina.
Allora ho provato a considerarli secondo l'età di chi li vive, fino ad arrivare a scoprire come sia bugiarda la costrizione dell'anagrafe.
Non siamo mai giusti per l'età che abbiamo.
Mi sono resa conto che quando il mio sentire esplodeva o rischiava di implodere lasciandomi misera d'anima l'unico modo per rendermi conto dei momenti era registrarli dentro una musica, su questa tastiera, a rincorrere le parole.
L'estasi mi è sembrata un termometro adeguato, mi ha fornito l'approssimazione più vicina alla verità.
E' vero, non c'è nulla di entusiasmante in ricerche come la mia, ed è per questo che non scrivo nomi, ma solo momenti. I miei e quelli rubati.
Mentre sto a gambe incrociate su questo letto e l'aria che entra dalla finestra ha odori che conosco.