All’osservatore che vorrà staccare ogni tanto lo sguardo dallo smartphone, ogni luogo presenterà un interessante campionario del genere umano. Non sono da meno i musei e in particolar modo le mostre, grandi aggregatori di fauna variopinta e dai molteplici interessi, non sempre coincidenti con il materiale esposto. Ecco un piccolo saggio di quello che un guardiano di mostra (il sottoscritto) ha potuto osservare durante qualche mese di servizio. Ripeto, solamente un piccolo saggio. Osservare per credere.
LO SFACCENDATO: Lo sfaccendato è alquanto selettivo. Niente mostre estive e soprattutto niente mostre a pagamento. Si presenta nelle prime ore del mattino se pensionato, nelle ultime della sera se di mezz’età, mai se sotto i quarant’anni. Allo sfaccendato non frega un fico secco di quanto belle siano le opere che esponete, potreste presentargli la dama con l’ermellino che si limiterà comunque a leggere la didascalia ed esclamare “Mah…” Poi si volgerà verso la vostra persona e si lamenterà della temperatura. Si, al bar fa più caldo. Ma al bar, anche per un misero caffè, vogliono un euro, caro sfaccendato.
LA COPPIA LUI IN LODEN LEI IN PELLICCIA: Cinquantenni, benestanti, aficionados del “Si, l’abbiamo vista, ma niente di che”. A differenza dello sfaccendato, se non si paga significa che la mostra non merita di essere visitata. L’interesse per l’esposizione è, diciamolo, scarso, ma se pensate che ignorino l’importanza di quanto esposto vi sbagliate di grosso. La coppia loden/pelliccia entra con audio guida e guida cartacea, ma giusto per lasciare due soldi a quei morti di fame del bookshoop, poiché in verità hanno già letto sul treno quanto c’era da sapere dai riassunti di wikipedia fatti stampare dalla segretaria di lui. Durante l’ora di straordinario, si intende.
L’UOMO/DONNA DI CULTURA: Attenzione, questa categoria è estremamente complessa. E particolarmente frustrata. Insegnanti, guide, giornalisti, organizzatori di eventi, gente cresciuta a Treccani e co.co.co., coltissimi e malfidati. Non pensiate che passino ore su una singola opera, ciò che li interessa veramente è trovare errori di sintassi nei pannelli informativi e cogliere impreparati i guardiani. Vi faccio un esempio: Siete i guardiani di una mostra su Fjodor Vissarionovic Mickailicenko, immaginario costruttivista russo a cavallo tra rivoluzione e seconda guerra mondiale. Bene, ecco una signora sui quarant’anni avvicinarsi con la stecca degli occhiali appoggiata sul labbro inferiore e l’occhio sinistro sulla vostra targhetta identificativa. No, non è interessata a sapere dov’è il bagno, ma al vostro parere sull’influenza del probabilmente purgato Mickailicenko sull’opera di Solzenicyn. Non rispondete? Sappiate che qualcuno, in questo strano mondo, questa sera vi dedicherà un post su Facebook dove sarete presi ad esempio di come il personale delle mostre sia impreparato, svogliato, disinteressato e, senza dubbio, raccomandato.
GLI INNAMORATI: Ebbene si, c’è anche chi è in grado di trovare un non so che di romantico in un quarto di bue scannato di Francis Bacon. “Amore, sembra la macelleria che avevamo sotto casa quella volta che andammo in vacanza a Scicli” “Si, quando mi regalasti quell’anellino…” “Si, ricordi quanto siamo stati bene e…” e giù con ricordi di effluvi e orsetti ripieni di cioccolatini. Hanno un’idea di arte piuttosto autoreferenziale, generazioni di pittori che spennellano con un solo grande obiettivo: ribadire quanto forever sia la storia tra Nico e Lucy.
LA SCOLARESCA: La summa di ciò che è e ciò che sarà la si può osservare nella scolaresca in visita forzata ad una mostra. C’è il secchione, che cambierebbe la sottana della Prof solamente per quella della guida. Non ha interessi precisi perché è interessato a tutto. Art nouveau o palafitte, purché se studia. C’è il rapparo, quello che non riesce a staccarsi dalle rime dementi nemmeno di fronte a Caravaggio. Cuffie nelle orecchie, cappuccio della felpa sopra la testa, sguardo fintamente fiero verso il quadro e un solo sogno in testa: scrivere un bel ACAB di fianco al soldato romano con la spada. E poi c’è il deficiente, quello che, rimanendo su Caravaggio, vorresti vedere decapitato al posto del povero Giovanni Battista. Il deficiente entra, ti cerca e ti sfida. Si accontenta di poco: un calcio a un pannello, un fazzoletto smoccicato in terra. Poi, essendo fondamentalmente un povero idiota, ride della bravata insieme ai suoi simili. Non c’è firma più chiara in tutti i quadri esposti. Deficiente.
IL MAIALE: I musei sono pieni di donne di tutte le risme. Ora, se l’obiettivo del maschietto di turno è l’abbordaggio o esso è davvero afferato in transavanguardia e influenze dei paesi emergenti, oppure meglio lasciare perdere. Diversamente, se l’obiettivo dell’uomo è solamente guardare, fissare e perché no proferire le sconvenienze che la mente suggerisce, se siete un maiale insomma, allora il museo fa per voi. Va da sé che al maiale non interessa una fava di quadrerie e affini, l’unica cosa che vuole incorniciare è un bel sederone sorretto da una staffa (niente muri, troppo piattume) con tanto di tacco finale. Il maiale gira da solo, ma non è egoista, prova piacere, anzi, nel condividere l’arte con il prossimo, guardiano incluso. “Che bambola, eh?” “Si riferisce alla Madonna del Michelangelo? Mah, troppo mascolina, non lo considero il mio canone di bellezza.”
GLI ASIATICI: Rumore nei pressi dell’entrata in galleria. Mi volto verso la porta di vetro e vedo tre corpi senza testa, o meglio, al posto della testa rispettivamente un tablet, uno smartphone e una macchina fotografica. Nessun sballo ravvicinato del terzo tipo, solamente una felice famigliola asiatica in vacanza nel bel paese. Fedeli alla Lonely planet quanto all’Imperatore, la famigliola si aggira in una mostra di libri antichi di cui non conosce alfabeto, età, storia. Basta uno sguardo al primo pannello, un’occhiatina alla vetrina sulla destra e senza nemmeno dirsi nulla la famigliola è in accordo totale su un punto: della mostra non frega una cippa a nessuno. Quale occasione migliore allora per scaricare la batteria del tablet e rimpinzare la scheda SD dello smartphone? In un turbinio di “click” e sorrisi si dipana la visita in salsa indocinese. Il colpo di genio: lo smartphone che fotografa il tablet posto di fianco al libro antico. Lirismo del contrasto antico/moderno o solamente l’unico posto dove appoggiare il tablet senza sentire gli insulti di un frustratissimo guardiano?
IL CULTORE DI STORIA LOCALE: Il cultore di storia locale si ama o si odia. Solitamente è un pensionato che nella vita ha fatto tutt’altro, è di carattere più o meno socievole ed estremamente appassionato alla materia esposta. Il cultore entra a metà pomeriggio e all’orario di chiusura è ancora a metà mostra. E così il giorno dopo lo vedete tornare al mattino e ricominciare la visita dall’inizio. Il cultore studia il personale del museo come studia le cronache quattrocentesche dei frati della locale abbazia. Il cultore avrebbe domande a profusione e curiosità infinite, ma non ha fiducia nelle conoscenze dei guardiani. Si volta una volta, una seconda, una terza, poi si avvicina alla bacheca più vicina a voi, finge di osservarla e spara la prima domanda. Niente di impossibile, solo un piccolo esame propedeutico alla conversazione con un cultore di storia locale. Dimostratevi all’altezza e troverete un amico con cui parlare dell’assolutismo illuminato in un piccolo ducato periferico. Ma se sbaglierete a collocare Ranuccio Farnese sappiate che per quest’uomo l’affronto equivale a uno sputo sul piatto che avete preparato con tanto amore.