Ieri ho parlato delle opere di Art First, oggi mi piacerebbe parlare delle persone di Art First: un pubblico assolutamente eterogeneo. Esperti d'arte, critici, collezionisti, professori, famiglie con bambini - alcuni anche molto piccini, ma anche anziani. Industriali accompagnati da improbabili consorti su tacco 12, o non accompagnati e quindi in cerca - ebbene si anche la fiera è un occasione di socializzazione. Non troppi giovani, sicuramente non tantissimi studenti.
Le famiglie in fiera sono la cosa che più mi ha stupito - piacevolmente. Più che al museo è interessante portare anche i bambini proprio alla fiera, che vedano da subito l'arte del loro tempo. Tutti siamo abituati a guardare l'arte antica e quella moderna, fin da piccoli. Visite interminabili in vecchi corridoi polverosi. Che noia! Poi più cresciuti guardiamo all'arte contemporanea, se abbiamo avuto fortuna, e non la capiamo, anzi ci chiediamo che cosa ha portato l'arte ad essere ciò che è ( quindi questo implica che non sia più arte? ) e sentiamo di aver bisogno di una spiegazione. Invece no. Bisognerebbe guardare fin da piccoli il contemporaneo e scoprire che l'arte viva è proprio in fiera, in quel posto chiassoso e colorato, pieno di gente tutta diversa, dove si può mangiare, canticchiare, dove si può commentare e ridere con chi guarda insieme a te, sconosciuto o meno.
Oltre ai grandi business, ai compratori in giacca e cravatta e ai critici incapaci di prendersi gioco di loro stessi, mi piace pensare che per tutti gli altri l'arte in fiera abbia fatto anche questo: stupito, provocato, stimolato.. che abbia fatto tessere nuove reti e che guardandola il pubblico si sia fatto una grossa risata. Il gioco è una faccenda da prendere sul serio. Senza ironia la bellezza è noiosa. E allora arte in fiera, for first.