(di Luca Vanzella e Luca Genovese)
Probabilmente è stato l'effetto nostalgia a far decidere diversi lettori all'acquisto dei due volumi del Beta di Vanzella e Genovese recentemente riproposto dai ragazzi dell'Editoriale Cosmo. In fondo è lo stesso motivo per cui anche io ho acquistato i due corposi albetti. Fortunatamente, oltre a trovare alcune situazioni provenienti dritte dritte dai ricordi della nostra infanzia, è stato quasi sorprendente scoprire come il genere robottoni potesse offrire ancora una storia ben scritta, appassionante e divertente, gestita dai due autori non solo come occasione per scatenare appunto l'effetto nostalgico nei lettori (e lucrarci sopra di conseguenza) ma con il semplice intento, sempre nobile, di realizzare una buona storia, scritta e disegnata con passione.
Senza voler scatenare l'ira funesta di nessuno, posso affermare di aver apprezzato in misura maggiore le vicissitudini dell'italianissimo Beta piuttosto che i due albetti dedicati qualche tempo fa alle avventure del Jeeg Robot d'acciaio di Nagai e Yasuda semplicemente per il taglio più moderno della narrazione. Come non apprezzare poi le due bellissime copertine sulle quali si stagliano imponenti rispettivamente i robot Spartacus e Marianne e i loro piloti Dennis Beta e Maxine Saint-Just con alle loro spalle la classica città devastata dallo scontro con tanto di macerie fumanti.
Vanzella sviluppa bene l'idea di una guerra fredda tra superpotenze (siamo negli anni '70) tenute a bada vicendevolmente non dalla paura dell'atomica bensì dal terrore di un devastante scontro tra micidiali robot. Gli autori vanno a pescare tutti quelli che sono i capisaldi del genere cercando di inserirli in una narrazione che ha un respiro globale ben amalgamato e che non risente troppo della ripetitività degli scontri come accadeva, puntata dopo puntata, nei vecchi anime dedicati al genere. Si parte con cinque piloti (uno serio e coscienzioso, uno ribelle, la donna dolce ma decisa, il ragazzino e quello grasso) e un robot a incastro a cinque navicelle, il Gunshin, con tanto di agganciamento e utilizzo delle armi a chiamata. Poi la base fortezza, il professore mezzo uomo mezzo robot, quello che ha la coscienza inserita in un televisore (tipo il papà di Hiroshi in Jeeg) e, inevitabilmente, l'arrivo dei mostri distruttori che devastano le città (la prima sarà Tokyo). Dopo la grave tragedia che vedrà coinvolto proprio il Gunshin e i suoi piloti le cose non saranno più le stesse, la minaccia dei mostri si farà sempre più pressante e ogni nazione metterà in campo i suoi robot. Intanto sulla base Adriatica...
Rimanendo perfettamente nei dettami del genere Vanzella e Genovese riescono a curarne al meglio tutti gli aspetti, lavorano sui protagonisti e sui loro sentimenti, curano la parte mistery della storia, cercano di rendere più credibili i dettagli tecnici di vicende altamente improbabili, creano un bel contesto politico nel quale inserire la storyline principale. E divertono, creando ottimo intrattenimento. Ottimi i disegni di Genovese ai quali mi sento di fare solo un paio di appunti: un po' confuse alcune sequenze d'azione nel primo albo dove non sempre risulta chiaro cosa stia accadendo, inoltre mi sarebbe piaciuto vedere la stessa cura nel tratteggiare i due robottoni principali riversata anche sui rappresentanti delle altre nazioni, sarebbe stato un bel vedere.
A conti fatti quella che poteva sembrare la classica operazione nostalgia si è invece rivelata essere un buon lavoro ragionato e strutturato ma soprattutto realizzato con passione.