Immagine composita che rappresenta l’ambiente vicino a Beta Pictoris osservato nel vicino infrarosso. L’ambiente estremamente debole da osservare è stato messo in evidenza grazie ad un’attenta sottrazione dell’alone stellare molto più luminoso. La parte più esterna dell’immagine mostra la luce riflessa sul disco di polvere, come osservata nel 1996 con lo strumento ADONIS montato sul 3.6 m Very Large Telescope (VLT) dell’ESO. La parte più interna è quella interna al sistema, come osservata a 3.6 micron con NACO montato sul VLT. La parte rilevata è un migliaio di volte più debole di Beta Pictoris, allineata col disco ad una distanza proiettata di otto volte la distanza della Terra dal Sole. Crediti ESO / M. Lagrange et al.
Parte 2
Nel 2008 un team di astronomi francesi utilizzando il Very Large Telescope dell’ESO scoprirono un oggetto posizionato molto vicino alla stella Beta Pictoris e che apparentemente si trovava dietro al disco. Con una distanza proiettata dalla stella pari solo a otto volte la distanza della Terra dal Sole, questo oggetto era con molta probabilità il più gigantesco pianeta ipotizzato dalla forma peculiare di un disco e, come in precedenza osservato, comete in caduta sulla stella. Sarebbe stata la prima immagine di un pianeta così vicino alla sua stella quanto lo è Saturno dal Sole.
La stella calda Beta Pictoris è uno degli esempi meglio noti circondati da un disco di detriti. I dischi di detriti sono composti da polvere che deriva dalle collisioni di corpi grandi come i planetesimi o gli asteroidi. Possono essere visti come una versione della polvere zodiacale nel nostro Sistema Solare. Il suo disco fu il primo ad essere fotografato, nel 1984, e rimane il sistema meglio studiato. Le primitive osservazioni mostravano una curvatura del disco, un secondo disco inclinato e comete che cadevano sulla stella. “Questi sono segnali indiretti ma rivelatori che suggeriscono fortemente la presenza di un pianeta massiccio con una distanza compresa tra le 5 e le 10 volte la distanza media Terra-Sole dalla sua stella” affermò Anne-Marie Lagrange. “Tuttavia, sondando la regione più interna del disco, così vicino alla stella luminosa, è un compito assai impegnativo”.
Nel 2003 un team francese utilizzando lo strumento NAOS-CONICA (o NACO) montato su uno degli Unit Telescope di 8,2m del Vey Large Telescope (VLT) dell’ESO, beneficiarono sia dell’alta qualità dell’immagine fonita dal sistema di ottica adattiva nelle lunghezze d’onda infrarosse e dalla buona dinamica del detector, allo scopo di studiare le immediate vicinanze di Beta Pictoris.
Nel 2008 un membro del team rianalizzò i dati in modo differente alla ricerca di tracce di un compagno per la stella. Le lunghezze d’onda infrarosse sono davvero utili per questo tipo di ricerca. “Per questo, la vera sfida è quella di identificare e sottrarre in modo più accurato possibile l’alone luminoso della stella” spiegò Lagrange in quell’occasione. “Siamo stati in grado di ottenere questo dopo una precisa e drastica selezione delle immagini migliori registrate durante le nostre osservazioni”.
La strategia si rivelò molto gratificante, dato che gli astronomi furono in grado di discernere un debole bagliore puntiforme ben all’interno dell’alone della stella. Per eliminare la possibilità che questo fosse un artefatto e non un oggetto reale, un’insieme di test furono condotti da diversi membri del team utilizzando tre differenti metodi con analisi del tutto indipendenti fra loro, sempre con lo stesso risultato. Inoltre, il compagno di Beta Pictoris fu scoperto anche in altri insieme di dati, rafforzando ulteriormente la conclusione del team di ricercatori: il compagno di Beta Pictoris era reale.
“Le nostre osservazioni puntano sulla presenza di un pianeta gassoso, circa otto volte la massa di Giove e con una distanza proiettata dalla sua stella circa otto volte quella della Terra dal Sole, che è circa la distanza di Saturno dal Sole nel nostro Sistema Solare” affermò Lagrange.
“Non possiamo ancora escludere definitivamente, tuttavia, che il compagno candidato possa essere un oggetto in primo piano o di sfondo” affermò in modo cauto Gael Chauvin, un membro del team. “Per eliminare questa piccola possibilità, avremo bisogno di fare nuove osservazioni che confermeranno la natura della scoperta”.
E questa conferma arrivò qualche anno più tardi.
Il team aveva pure analizzato gli archivi di Hubble Space Telescope ma non fu osservato nulla, “mentre oggetti in primo piano o di sfondo avrebbero potuto essere osservati” disse un altro membro del Team, David Ehrenreich.
Il fatto che il compagno candidato si trovi nel piano del disco implicava che dovesse essere parte del disco proto planetario della stella. “Inoltre, il compagno candidato ha esattamente la massa e la distanza dalla sua stella che sono necessari per spiegare tutte le proprietà del disco”.
Una volta confermato, questo pianeta candidato divenne il pianeta più vicino alla sua stella mai osservato. In particolare, si trovava ben all’interno delle orbite dei pianeti esterni del nostro Sistema Solare. Parecchi altri candidati pianeti erano stati osservati, ma si trovavano tutti molto lontani dalla loro stella: se posizionati nel nostro Sistema Solare tali pianeti potrebbero trovarsi più o meno nella posizione di Nettuno. I processi di formazione di questi pianeti lontani sono probabilmente molto diversi da quelli del nostro Sistema Solare e da quelli di Beta Pictoris.
In questo video, i detriti di polvere che circondano Beta Pictoris e il suo pianeta. Crediti: ESO.
Il 10 giugno 2010 fu data un’altra notizia. Per la prima volta astronomi furono in grado di seguire direttamente il moto di un esopianeta mentre si muoveva dall’altra parte della sua stella ospite. Il pianeta aveva la più piccola orbita trovata all’epoca tra tutti gli esopianeti osservati in modo diretto, vicino alla sua stella quanto lo è Saturno dal Sole.
Il team di astronomi utilizzarono lo strumento NAOS-CONICA (o semplicemente NACO) montato sugli Unit Telescope di 8,2 metri del Very Large Telescope (VLT) dell’ESO per studiare le immediate vicinanze di Beta Pictoris nel 2003, 2008 e 2009. Nel 2003 fu individuata una debole sorgente all’interno del disco ma non fu possibile escludere la remota possibilità che fosse una stella di sfondo.
Nelle nuove immagini prese nel 2008 e nella primavera del 2009 la sorgente era scomparsa. Le più recenti osservazioni prese durante l’autunno del 2009 mostrarono che l’oggetto dall’altra parte del disco, dopo essere rimasto nascosto sia dietro che di fronte alla stella. Questo confermò che la sorgente era davvero un esopianeta che si stava orbitando attorno alla sua stella. Inoltre, fornì delle intuizioni sulle dimensioni della sua orbita mentre si muoveva attorno alla stella.
Crediti ESO/M. Lagrange.L’immagine qui sopra mostra la luce riflessa sul disco di polvere nella parte esterna, come osservato nel 1996 con ADONIS montato sul telescopio di 3.6m dell’ESO; la parte interna è quella più profonda del sistema, come osservato da NACO con il VLT a 3.6 micron nell’autunno del 2009. Questa rivela la presenza di un pianeta che si è mosso fin dalle prime osservazioni, quelle del 2003. Il simbolo a forma di stella mostra la posizione della stella stessa, qui nascosta per poter osservare i due lobi di materiale.
Fonte ESO – Planet around Beta Pictoris – http://www.eso.org/public/images/eso1024e/;
ESO – Beta Pictoris planet finally imaged? – http://www.eso.org/public/news/eso0842/;
ESO – Zooming on Beta Pictoris b – http://www.eso.org/public/videos/eso1024e/;
Sabrina