Beyoncé, ritorno alla musica con il quarto album: «La mia voce cruda in “4”»

Creato il 28 giugno 2011 da Marianocervone @marianocervone

A quasi un mese dal leak “sospetto”, esce oggi il quarto album da studio di Beyoncé Knowles, intitolato semplicemente 4, quattro. Dopo la fredda accoglienza di ben due singoli estratti dal disco, l’apripista afro-beat Run the world (Girls) e la non riuscitissima ballad 1+1, sono in tanti a gridare al flop, e la stessa casa discografica dell’artista, temendo un buco nell’acqua, secondo quanto rivela il blogger Perez Hilton, pare stia già pensando ad una strategica reunion delle Destiny’s Child, gruppo di cui la cantante era leader, dopo aver assecondato la ferrea volontà della cantante di pubblicare il disco così com’era adesso, anziché rimaneggiarne ancora i brani: «Quando ho interpretato Etta James – ha recentemente scritto Beyoncé su facebook – ho imparato a conoscere meglio me stessa, fino alla registrazione di quest’album. Quando sono andata in studio, ho messo la stessa passione, onestà, e approccio con la mia voce con cui ho cantato Etta James. Non suona come la stessa voce dei miei precedenti lavori. È molto più cruda. Proviene da un luogo profondo». Ma com’è davvero quest’album tanto discusso ancor prima dell’uscita? Ebbene se paragonato al multi-grammy I’m… Sasha Fierce, che ha venduto oltre cinque milioni di copie, ed ha regalato hit come Single Ladies e Halo, il disco naturalmente è poca cosa. Benché la voce della Knowles sia davvero più grezza, più autentica, e meno filtrata, mostrando una Knowles quanto mai sicura, le dodici tracce del disco, a fronte delle diciannove del precedente album, non brillano particolarmente. Composto per lo più da ballad, tra i pezzi forti di 4 c’è sicuramente Best thing I ever had, terzo singolo ufficial-ufficioso estratto, e il brano R&B Party, molto Destiny’s-style, in collaborazione con André 3000. Lungo la tracklist, la Knowles ha miscelato un sound anni ’90 alle sonorità degli anni ’70, è il caso di Love on top. Da segnalare invece in chiusura End of time, sulla falsariga del singolo di lancio “Girls”, e l’intensa I was here. Insomma sebbene il disco non sia all’altezza del precedente capitolo musicale di Beyoncé, ci ha piacevolmente sorpreso, e seppure a tratti un po’ piatto, è un lavoro di grande maturità artistica, e molto meglio di quanto si possa pensare.


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