I riflettori sono puntati su Scajola e, insieme a tutte le altre vicende che riguardano l’ex ministro, c’è anche la riemersione del caso Biagi: al contrario di quanto ha sempre affermato, l’uomo dell’eterna insaputa era invece a conoscenza del pericolo che correva il giuslavorista ucciso nel 2002 dalle Br. E tuttavia pur guidando il ministero dell’Interno, non pensò per un solo istante a riassegnarli una scorta. Lo dicono le carte venute alla luce dai recessi imperiesi di Scajola le quali però raccontano una storia più complessa e interessante rispetto alla pochezza dell’ex ministro: dicono molto di più sulla realtà del Paese e sulle linee di tendenza che si sono via via sviluppate da quei giorni fino a raggiungere l’apoteosi con il job act.
Si tratta di cose in gran parte già conosciute, ma rimaste in ombra al tempo dell’attentato, sia per l’emotività suscitata dall’evento, sia perché non illuminate dal senno di poi che le inserisce nel maistream dell’Italia berlusconiana e poi tecno-piddina. Com’è noto fu proprio Biagi a dare organicità e retroterra ideologico – giuridico alla devastazione dei diritti del lavoro e a introdurre quella mobilità e flessibilità che si sono immediatamente tradotte in precarietà e in drammatica discesa dei salari reali. Oggi la scienza economica ha falsificato la singolare idea che meno diritti sul lavoro significhi più occupazione, anzi nella maggioranza dei casi è proprio il contrario, ma queste risibili tesi erano sulla cresta dell’onda negli anni ’90 e rimangono un must tra gli avventori del bar sport Italia che proprio non ce la fanno a immaginare qualcosa di diverso dalle vecchie formulette che portano acqua solo al profitto della classe dirigente.
Dunque si scopre o meglio si ferma l’attenzione sul fatto che gli allarmi riguardo al pericolo di un attentato nei confronti di Biagi, allora consulente del ministro del welfare Maroni, arrivarono a con insistenza a Scajola e ad altri membri del governo praticamente solo da Confindustria. I fatti sono stati descritti con abbondanza di particolari già in un pezzo del 2002 da Giuseppe D’Avanzo: fu il direttore generale del’organizzazione padronale, Stefano Parisi ad allertare prima Franco Frattini, all’epoca responsabile dei servizi, sulla base di un rapporto dell’intelligence pubblicato da Panorama e sui timori dello stesso Biagi insistemente espressi ai responsabili di viale dell’astronomia. Non accontentandosi delle rassicurazioni del maestro di sci assurto alla vette governative, Parisi cercò disperatamente il ministro degli Interni Scajola con il quale non riusciva ad entrare in contatto. Chiese aiuto anche a Enrica Giorgetti,capo delle relazioni istituzionali di Confindustria e del tutto casualmente anche moglie dell’allora sottosegretario Maurizio Sacconi.
Finalmente ce la fece a prendere contatto col ministro per riceverne solo altre rassicurazioni sul fatto che gli allarmi su possibili attentati erano generici, che insomma non c’era da preoccuparsi. Stranamente Parisi non fa esplicitamente il nome di Biagi a Scajola anche se entrambi gli interlocutori sanno che è di lui che si parla. Come mai? Forse perché prima dell’assassinio la preoccupazione maggiore era che non venisse fuori in qualche modo questa straordinaria attenzione di Confindustria nei confronti di chi stava preparando la riforma del lavoro e che, peraltro, era anche consulente dell’organizzazione imprenditoriale?
Fatto sta che mentre il governo rimane sereno, Confindustria entra in grande agitazione perché evidentemente teme che un attentato a Biagi possa mettere in pericolo la terra promessa del lavoro a chiamata o del cocoproismo e magari mostrare da chi realmente era stata ispirata la riforma del lavoro e chi la stava vendendo ai lavoratori ossia la Cisl, ormai in mano a usignoli della chiesa cattolica apertamente reazionari come Pezzotta e successivamente Bonanni. Apprensioni superflue perché Berlusconi e la sua banda sapevano come vendere la merce agli italiani e di Biagi in sé non gliene importava un ciufolo: morto un Papa se ne fa un altro e in ogni caso chi meglio di un martire può spezzare le resistenze alla precarietà, pardon flessibilità?
Avevano ragione loro visto che la merce è sempre la stessa nonostante il fatto che si sia rivelata venefica e che oltretutto sia ormai deteriorata e scaduta. Basta avere l’accortezza di cambiare i venditori perché la formula sembri nuova.