Un brevissimo preambolo utile per aiutarci a comprendere le motivazioni del perché oggi, l'arrivo sullo schermo di "Biancaneve" di Tarsem Singh, non risulti ormai una proposta tanto interessante quanto nemmeno poi così sbalorditiva. E a pensarla in questo modo sembra persino il principe interpretato da Armie Hammer, quando nel film, commentando la scelta di Biancaneve di rinunciare al suo aiuto per combattere contro la regina cattiva, esprime un parere molto più che condivisibile formulando pressappoco questo concetto: "perché il bisogno di cambiare una struttura perfettamente consolidata e funzionante?".
Già, perché farlo? Quando poi tra le mani non si ha neppure un idea originale o concreta, oppure una capacità narrativa all’altezza di sostenere un racconto approssimativo e ricalcante, vale davvero la pena andare a modificare degli automatismi certificati? La realtà è che non ci sono dei veri motivi per toccare un qualcosa che funzioni alla perfezione, esiste solamente un'attuale mancanza di idee e la necessità del cinema a sopravvivere. E così bisogna anche saper accettare alcuni tentativi vuoti e inefficaci analoghi a questo “Biancaneve”.
Poco o niente però sufficiente a salvare un lavoro semplicemente evitabile e superfluo. “Biancaneve” non solo non esce a testa alta dalla sua ostinata volontà di provare a farsi largo e rompere le comuni consolidazioni ma addirittura arriva al punto di portare lo spettatore a rimpiangerle e lasciare che nella sua mente scatti quella volontà di riesumarle nuovamente per apprezzarle ancora e ancora.
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