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L’Italia di oggi e di ieri, in un batter veloce di ciglia, per chi l’ha
vissuta e per chi, come me, ne ha sentito parlare. E forse
l’ingenuità, la vitalità, il senso civico che alimentava il fare quotidiano e l’Italia prima di Tangentopoli, aveva
una dimensione più loquacemente attiva, meno celebrativa, ma più sentita,
nel bene e nel male, nell’interesse e nel disinteresse.
Guarda caso che il Verdone ancora prodotto da Sergio Leone e “musicato” da Ennio Morricone ci propone uno spaccato che, a livello politico, contrasta con il nostro
porcellum elettorale, a livello individuale, ci fa accorgere come la
schiettezza, l’ossessione, la nevrosi, l’odio, l’amore, la valigia
dell’emigrante, la seduzione, la malizia, l’innocenza, la forza di cambiare
siano sentimenti non avulsi dalla nostra di vita, ma forse ovattati, negati,
guardati distrattamente, senza mirare il fondo del barattolo, senza gustare i
magici segni lasciati sulla tazzina da caffè, senza elucubrazioni mentali sul
perché e sul quando. Ma riviviamoli quelli anni, nelle figure di personaggi
che, ancora oggi, ci impietosiscono e ci divertono, in questo film moderno,
amato da tutte le età, che poco ha a che vedere con il Verdone malconcio dei nostri tempi e che sprizza poesia regionalistica e provinciale. C’è Pasquale,
che si chiude in un mutismo grezzo, fino a scoppiare nell’accento lucano di
un’espressione di gusto non sopraffino; la moglie gonfia una pancia che non manca continuamente di mostrare, emigrante dalla Germania, con magliette super aderenti ed un pantalone scozzese che sembra un pigiama; emblema dell’inetto troverà un’Italia ladrona e dalla puzza sotto il naso, o meglio sotto le maleodoranti ascelle in cui non manca di porre il panino comprato in un autogrill dai conti salati. C’è Mimmo, che è un bambino cresciuto, confonde i lupi con gli agnelli, Verona con Vicenza, il sogno con la realtà. Il trauma del trapasso della nonna, la cara Sora Lella, mostrerà il lato brutto della vita; non sempre si può ridere, talvolta si deve piangere, magari cercando una tomba in un cimitero di un vecchio amico il cui nome è “Riso,Risi, come un sorriso” che la nonna cara lascerà in dote ad un nipote che deve maturare. C’è Furio, che è un perfezionista, o meglio “un nevrotico ansioso”; decide a che ora fare pipì, conosce l’apparato burocratico come le sue tasche, vive in un calesse di norme superiori da non infrangere con
relativo punishment. Magda sopporta, ma alla fine scappa. C’è la vita, c’è
quel noi che oggi ci limitiamo a filtrare, come una bustina di the.
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