Una panoramica del pubblico del convegno alle Stelline
Un successo inaspettato, giustificato anche dall'elevata qualità degli interventi. Come quello di Giuseppe Riva, psicologo della comunicazione e docente presso l'Università Cattolica, che ha evidenziato come la biblioteca pubblica non possa più ignorare il ruolo dei social network.
"Il 42% degli italiani è su Facebook - ha ricordato Riva - E sono convinto che non si tratti di una moda passeggera perché i social rispondono a due bisogni fondamentali della persona: stabilire relazioni e organizzare la conoscenza".
Altro che gioco per adolescenti annoiati!
Rifacendosi alla piramide di Maslow, Riva ha enumerato tutti i bisogni a cui Facebook, Twitter, Google +, Instagram, solo per citare i più conosciuti, rispondono: bisogno di sicurezza attraverso il collegamento con gli amici, bisogni associativi con lo scambio di informazioni e opinioni, bisogno di stima perché più amici o follower ho e più acquisisco importanza sociale, di autorealizzazione perché posso esprimermi e mettere a disposizione le mie competenze.
Ma per un servizio pubblico i social network servono anche a rendere visibili in modo chiaro chi sono gli utenti e, fornendo i giusti stimoli, a creare interazione con loro.
Insomma, se fino a qualche anno fa lavorare in una biblioteca significava soprattutto aver a che fare con i libri, oggi e domani sempre più significherà "lavorare con le persone".
L'affermazione è di Hannelore Vogt a cui è toccato l'onore di presentare al pubblico la straordinaria realtà della biblioteca pubblica di Colonia. Méta turistica, oltre che centro di vita culturale e associativa, esperienza- pilota in quanto "luogo di apprendimento anche informale", dove i libri non spariscono completamente ma coesistono in modo pacifico e complementare con gli e-book, dove gli spazi liberati vengono dedicati ad aree-gioco per bambini, aree-relax, caffé letterario, "markerspace" dove comporre musica e creare video o digitalizzare contenuti, dove i giovani insegnano agli anziani a usare le tecnologie.
Da sinistra Cristina Bambini e Tatiana Wakefield (Pistoia), Hannelore Vogt (Colonia), Claudio Martino (coordinatore) e Debora Mapelli (Vimercatese)
Un modello a cui guardare, nell'attesa che anche in Italia la cultura torni ad avere il ruolo centrale che merita, non solo cibo per lo spirito ma anche volano per il turismo e l'economia.
Non tutto fortunatamente è fermo nel nostro Paese, dove persone di vivace intelligenza e buona volontà continuano nonostante tutto a rimboccarsi le maniche per un cambiamento fatto di piccoli passi e soprattutto dal basso.
Così a Pistoia c'è la biblioteca "geolocalizzata" San Giorgio, che attraverso l'utilizzo di Foursquare si apre al territorio e cerca di capire chi sono i suoi utenti, anche quelli che non passano mai dal banco e con cui non c'è interazione verbale; nel Vimercatese (prov. di Monza e Brianza) c'è un sistema bibliotecario che utilizza i social network (Facebook, Twitter, Flickr e Pinterest) per rendere sempre più protagonisti i suoi frequentatori; nel Cuneese si punta invece su bambini e ragazzi facendoli diventare autori di booktrailer che poi vengono postati su un blog appositamente dedicato.
Il percorso è tutt'altro che facile. C'è ancora chi teme che in questo modo la biblioteca diventi solo spazio di aggregazione, allontanandosi dal suo core-business, ovvero "dare libri in prestito" e "aiutare i cittadini a svolgere il proprio ruolo nella società attraverso la conoscenza", come ha sostenuto Riccardo Ridi dell'Università Ca' Foscari di Venezia.
Ma la biblioteca di Colonia è lì a testimoniarci che non bisogna avere paura del nuovo, perché nuovo e antico possono coesistere e arricchirsi a vicenda. Grazie Hannelore!
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