di Giovanni Bensi
leggi la prima parte
La risposta della Bielorussia è “asimmetrica”. Minsk ha richiamato i suoi rappresentanti da Bruxelles e dalla Polonia ed ha rispedito in patria due alti diplomatici europei. L’Unione europea non è rimasta inattiva: tutti i 27 membri dell’Unione hanno deciso di richiamare dalla repubblica i loro ambasciatori per consultazioni.
Il ministero degli esteri bielorusso ha definito queste misure “un vicolo cieco” ed ha accusato gli europei di provocare un’escalation del conflitto. L’occasione per questa reazione in effetti sembra solo formale. Infatti l’Ue, nell’ambito della campagna per i diritti dell’uomo, ha introdotto sanzioni a carico della Bielorussia e le ha poi temporaneamente sospese, alcune volte nel corso degli ultimi 15 anni. Le autorità di Minsk hanno sempre regolarmente detto di considerare le limitazioni alla concessione dei visti una pressione politica, ma non avevano mai reagito ad esse in modo così brusco.
Evidentemente Lukashenko è irritato per il fatto che l’Ue cerca di premere sul business bielorusso “di corte”, cioè legato agli interessi dello stesso presidente e del suo “entourage”. In particolare il 28 febbraio l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton, parlando ad una conferenza stampa a Bruxelles, ha battuto sullo stesso tasto, sottolineando che in marzo il Consiglio dell’Ue tornerà di nuovo ad esaminare la questione delle sanzioni contro i “beneficiari del regime di Lukashenko”. Probabilmente questo conflitto diplomatico non avrà serie conseguenze per le autorità bielorusse.
Bruxelles e Minsk da tempo conducono continue polemiche sulla violazione dei diritti umani in Bielorussia e ciononostante guadagnano non male con il reciproco commercio (l’anno scorso l’esportazione bielorussa nei paesi dell’Unione è aumentato di più del doppio, arrivando a 15,7 miliardi di dollari). Il politologo tedesco Alexander Rahr ipotizza che i rapporti fra la Bielorussia e l’UE rimarranno al precedente “livello controllato”, perché in caso contrario la stessa Europa spingerebbe Minsk “nelle braccia di Mosca”.