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Biennale Arte di Venezia 2011

Creato il 18 gennaio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Postato il gennaio 18, 2012 | ARTE | Autore: Pier Paolo Scelsi

Biennale Arte 2011: un Bilancio
Il 27 novembre 2011, dopo più di sei mesi, ha chiuso i battenti la 54esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia. Le sale dei padiglioni dei giardini di Castello e quelle dell’antico Arsenale della repubblica Serenissima sono state calpestate da una moltitudine di visitatori, studiosi e semplici appassionati al mondo affascinante e a volte criptico dell’arte contemporanea. Estremamente soddisfatta la dirigenza che ha snocciolato numeri da record e successi ai quali non si era più abituati: si è sfiorata la quota del mezzo milione di presenze e gli accrediti giornalistici, e di conseguenza la copertura mediatica internazionale che ha avuto l’evento, sono stati superiori a qualunque aspettativa. Forte di queste cifre il presidente Paolo Baratta, è sceso a Roma dove, nonostante l’ex ministro Galan avesse dato precise indicazioni per un cambio di rotta a capo della massima manifestazione artistica italiana, alla fine di un braccio di ferro che poco aveva a che vedere con il mondo della cultura, è riuscito a strappare la riconferma per il prossimo mandato. Ma fermiamoci qui, dopo aver doverosamente menzionato i numeri, che sono destinati a rimanere nella memoria del lettore appena il tempo di arrivare alle prossime righe, il vero resoconto di quel che è accaduto in laguna bisognerebbe trarlo sul valore artistico di quello che l’esposizione 2011 ha offerto. Parallelamente ai numerosissimi paesi che hanno chiesto di partecipare singolarmente all’esposizione (presenti per la prima volta quest’anno Andorra, Arabia Saudita, Bahrain, Bangladesh, Malaysia e Ruanda), le calli veneziane sono state teatro del sorgere di una moltitudine di eventi collaterali, alcuni sinceramente trascurabili, altri di indubbia caratura. Tra questi è doveroso citare Personal Structures 2011, pregevole collettiva di respiro internazionale organizzata dalla olandese Global Art Affairs Foundation e ben curata dalle giovani Karlyn De Jongh e Sarah Gold. L’evento, ospite al piano nobile del bellissimo Palazzo Bembo, affacciato sul Canal Grande a pochi metri dal Ponte di Rialto, proponeva tra gli espositori nomi del calibro di Marina Abramovich, Judy Millar, Carl Andre, Roman Opalka, Renè Rietmeyer. Proprio Rietmeyer è l’artista Olandese a cui si deve nel 2002 l’ideazione del progetto Personal Structures con il quale, fin dall’esordio, si inteso studiare come in diverse parti del mondo, con modalità espressive diversissime e provenienti da realtà culturali lontane tra loro, vi siano artisti che usano il tempo, lo spazio e l’esistenza come i tre elementi imprescindibili nonché argomentazioni principali nella loro produzione.

Biennale Arte 2011: un Bilancio

Ma l’anima della Biennale appena trascorsa è stata senz’altro l’ambiziosa e coraggiosa mostra principale ILLUMInations-ILLUMInazioni. Sin dal titolo la curatrice, la storica dell’arte svizzera Bice Curiger (già a capo dal 1993 della Kunsthaus di Zurigo, cofondatrice della rivista Parkett e direttore editoriale di Tate etc. pubblicazione della Tate Gallery di Londra) ci introduce al tema trattato, ci illustra il “copione artistico” che ha voluto scrivere per noi. Nelle locandine sparse per la città la parola ILLUMI spicca, la sua voce è maiuscola e forte. Rimanda ad un concetto elementare del mondo dell’arte: la luce è materia da plasmare, viva, vera, tangibile, come lo possono essere i pigmenti della pittura, o la pietra del marmo. L’artista, qualunque artista, in qualunque epoca, nel cimentarsi con la sua produzione ha dovuto accettare la sfida della luce. La risposta nel corso dei secoli si è sempre più lasciata alle spalle la dimensione della razionalità per elevarsi a livello cerebrale, psicologico, mentale, nel tentativo di creare un rapporto emozionale con lo spettatore. Dalla consapevolezza di tutto questo ecco un’idea, in apparenza estremamente azzardata, di difficile realizzazione ma sicuramente di grande impatto: raccontare il passato per spiegare il presente e il futuro, creare un ponte tra moderno e contemporaneo. Affidare l’immagine simbolo della mostra a Tintoretto, inarrivabile antico maestro veneziano. Ad accoglierci nella prima sala del palazzo delle esposizioni ai Giardini di Castello, da due anni nuovo “salotto buono” della Biennale, sono tre stupendi teleri cinquecenteschi: Il Trasfugamento del corpo di San Marco (1562-66) e La creazione degli animali (1552), provenienti dalla collezione delle Gallerie dell’Accademia e l’incredibile Ultima Cena (1592-1594) opera che da cinque secoli orna la parete destra dell’altare della palladiana chiesa di San Giorgio Maggiore. Per Jacopo Robusti detto Tintoretto la luce è evasione, fuga, immersione nel fantastico e nel trascendente. Nelle sue tele le ombre luminose, spesso passaggi, epifanie spettrali, sono finestre nel tempo e nei luoghi, raccontano episodi avvenuti altrove e in altre epoche rispetto a quelle raccontate nella storia principale.

Biennale Arte 2011: un Bilancio

Il linguaggio dell’arte è atemporale, affiancare Cattelan a Tintoretto non è una pratica mostruosa e blasfema. Non lo è affiancare Anish Kapoor a Palladio, l’uno rafforza la parola dell’altro: l’installazione Ascension immersa nel contesto della chiesa di San Giorgio Maggiore acquista una forza espressiva e spirituale incredibile, il suo messaggio diviene più diretto, violento, incisivo. Trasversalità nel tempo ma anche trasversalità nello spazio: da questa visione nasce la seconda parte del titolo della mostra. Proprio quel “nations-nazioni”, scritto volutamente minuscolo, stabilisce un dialogo con la storia della Biennale e in qualche modo scavalca la classica scansione dalla presenza dei padiglioni dei paesi partecipanti. Per chi ha curato la mostra l’arte è una forma di comunicazione che non ha confini, può avere idiomi o accenti differenti ma è linguaggio universale. Può essere o creare una comunità autonoma e a sé stante, ma questa comunità non potrà mai essere limitata o identificata con delle frontiere.

Biennale Arte 2011: un Bilancio

Quali artisti presenti alla 54esima Biennale resisteranno al giudizio del tempo, unico infallibile e inconfutabile critico? Chiudiamo questo piccolo resoconto dell’evento veneziano e ci cimentiamo in una piccola scommessa con il lettore: puntiamo sul Leone d’Oro Christian Marclay e sulla sua incredibile opera The Clock. Frutto di un magistrale lavoro di montaggio la video-installazione, presentata per la prima volta nell’ottobre 2010 al White Cube di Londra, crea una narrazione coerente e logica recuperando e legando tra loro spezzoni di film la cui temporalità cinematografica, dimostrata dall’apparire frequente di orologi, nell’arco della giornata è perfettamente sincronizzata con quella della vita reale. Un incredibile lungometraggio di ventiquattro ore in cui, ogni personaggio e ogni avvenimento, avviene esattamente nello stesso momento di chi osserva. La vita della società null’altro è che il racconto di un mosaico: tante piccole storie, tante accidentalità si riuniscono e creano il significato del presente.

Per Approfondire

Servizio BBC su The Clock di Christian Marclay

Intervista a Christian Marclay dopo assegnazione Leone d’oro


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