Nei giorni scorsi Torino ha ospitato le voci e i volti di quanti, attraverso le emozioni e le passioni più diverse, condividono un unico, fortissimo credo: la democrazia.
Il tema di quest'anno di Biennale Democrazia, manifestazione giunta alla sua quarta edizione, era Passaggi. L'immagine-guida scelta è stata tratta dal progetto Atlas dell'artista Victor López González e raffigura le porteadores o mujeres mulas, donne che ogni giorno, per sopravvivere, attraversano la frontiera costituita dalle enclaves spagnole di Melilla e Ceuta, caricandosi sulle spalle pesantissimi fardelli di merci da portare oltre il confine. Questo per ricordare il peso, spesso intollerabile, che oggi grava sulle spalle di una buona parte dell'umanità in cammino, ma contiene anche l'auspicio che ciascuno di noi possa essere riconosciuto dalla società come un piccolo, ma indispensabile, frammento nel mosaico del futuro.
Gustavo Zagrebelsky, Presidente di Biennale Democrazia, ha parlato delle peculiarità delle trasformazioni che caratterizzano l'epoca in cui viviamo. Il presente è profondamente segnato dalla scarsità di certezze e speranze di fronte ai cambiamenti repentini che travolgono tutti noi, impendendo la comprensione della vita in cui siamo immersi. I sentimenti più diffusi diventano quindi lo spaesamento, l'insicurezza, la paura, oppure l'indifferenza e l'apatìa. Sotto i nostri occhi mutano la politica, l'economia, il lavoro, le nuove tecnologie, le scoperte scientifiche, le relazioni tra i popoli: "Sono trasformazioni che assumono spesso l'apparenza di una calamità naturale. Si cede così al fatalismo. Quando, come in un vortice, tutto è destinato a consumarsi in fretta, scompare la profondità temporale delle esistenze, e, insieme, il senso di appartenenza a una vicenda collettiva". La cultura, di cui Biennale Democrazia si fa da anni orgogliosa portatrice, è quindi chiamata a svolgere la funzione che le è propria: comprendere, dare un senso, offrire prospettive di convivenza, aiutare a uscire dal contingente per reinventarsi continuamente.
Il sindaco di Torino Piero Fassino ha sostenuto il valore di un evento di tale portata come promotore di valori civili e democratici in un'ottica di partecipazione e condivisione, con lo scopo di creare una cittadinanza attiva. Un tema, quello dei "passaggi", che quest'anno ha dato anche la possibilità di ripercorrere gli avvenimenti che hanno contribuito a realizzare il nostro presente: i cent'anni dall'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale e il settantesimo anniversario della Liberazione, occasioni per riflettere sul significato della memoria, sugli errori commessi nel passato e sulle lezioni da trarne continuamente, per la formazione delle nuove coscienze. "Non è casuale che la città che ha dato i natali e ha accolto alcuni dei più grandi pensatori, filosofi e scienziati del nostro tempo, che si è distinta per la lotta contro il fascismo e per il riconoscimento dei diritti civili e del lavoro, diventi ancora una volta laboratorio di idee, di sperimentazione e di condivisione, ma soprattutto di accoglienza e di integrazione".
L'inaugurazione della manifestazione, tenutasi la sera del 25 marzo al Teatro Regio, ha visto la lectio magistralis di Claudio Magris, L'Europa della cultura. A seguire, la prima assoluta di Thyssen. Opera sonora, un omaggio di grande effetto e portata emotiva alle vittime della tragedia avvenuta nel dicembre 2007 allo stabilimento torinese di ThyssenKrupp, in cui persero la vita sette operai. Choc, dolore, paura, rabbia: una ferita ancora aperta in chi ha assistito impotente a una tragedia indelebile per il nostro Paese e per tutto il mondo del lavoro. L'intensissimo racconto giornalistico che Ezio Mauro raccolse, a poche settimane da quei fatti terribili, grazie alle testimonianze dei protagonisti, ripercorre la vicenda unendo allo sguardo del cronista il talento narrativo del grande giornalista. Un lungo racconto in cui le memorie di un superstite, Giovanni Pignalosa, e di una moglie (le cui voci sono state affidate alle interpretazioni magistrali di Umberto Orsini e Alba Rohrwacher), si intrecciano al percorso della città di Torino. E attraverso la potenza evocativa delle note e delle sonorizzazioni, questa storia è diventata memoria collettiva, in un'opera grandiosa diretta da Pietro Babina.