29 maggio 2014 Lascia un commento
In realta’ esistono due validi motivo per farmi tornare sui miei passi.
"Big Bang Love, Juvenile A" fu uno dei primissimi film che vidi di Miike.
Mi piacque poco anche per le ragioni dette sopra ma in particolare non conoscendo bene lo stile, o meglio il non-stile eclettico del nostro, pensai fosse uno standard della sua produzione. Oggi, proprio perche’ ho imparato ad aspettarmi da lui di tutto, rivedo sotto una nuova luce un film che comunque per stile si distingue in mezzo alla sua sconfinata filmografia.
C’e’ molto cinema in questo film, laddove sappiamo che Miike e’ un uomo che racconta ad ogni costo e con qualunque mezzo, mentre la narrazione passa in secondo piano per recuperare qui uno stile espressionista e molto raffinato sia nel montaggio che nella fotografia.
Il tempo del racconto e’ indefinito, i flashback ambientati ai giorni nostri, il presente che appartiene ad un futuro remoto, persino alieno ma non c’e’ da farsi un’analisi letterale. E’ la storia di due ragazzi in carcere per omicidio. Uno accusato di aver massacrato un pederasta col quale s’era intrattenuto, l’altro un violento recidivo, una mela marcia che nessun istituto potra’ mai correggere. Omosessualita’ nella vita dei protagonisti che aleggia comunque nel riformatorio maschile ma soprattutto e’ la storia dell’omicidio dell’uno dalle mani dell’altro e l’indagine conseguente che svela retroscena e caratterizza i due ragazzi attraverso il racconto delle loro esperienze.
Tecnicamente bellissimo, evoca fantasmi metafisici e surreali, stile che ben accompagna una poetica del testo giocata sulle metafore del pensiero e sostituzioni pindariche di anime infelici, laddove in fondo, la ricerca riguarda la sola cosa che conta: l’Amore. Molto piu’ efficace il titolo originale che in fondo riassume la semplice eppure immensa idea "46-okunen no koi", "4.600 milioni d’anni d’amore", concetto che racchiude tutto il bene possibile e di rimando tutto il male talvolta necessario per possederlo, contrasto dal quale si generano gioie immense e dolori strazianti e in mezzo l’uomo, burattino sballottato tra pulsioni antiche quanto la Terra che forse sta smarrendo i suoi bisogni primevi in cambio di un algido e tranquillo progresso.
Ecco, non farei mai iniziare la conoscenza di Miike con questo film ma certamente resta un tassello importante e affascinante all’interno della sua produzione.