Oskari sta per compiere 13 anni, e come tutti i ragazzi che vivono sui monti del nord della Finlandia si sta preparando per un rito millenario. Dovrà partire da solo, con attrezzature da campeggio e viveri ma armato solo di arco, frecce e coltello; passerà nella foresta un giorno e una notte, e al suo ritorno dovrà riportare al villaggio la testa della sua preda: solo dopo questa prova di virilità e coraggio potrà essere considerato un membro effettivo della comunità. E’ abbastanza preoccupato perché è mingherlino e un po’ fifone, e sa di essere un pessimo tiratore. In più ci si aspetta da lui che eguagli l’impresa di suo padre: nella Sala comune campeggia la foto del tredicenne Tapio, che porta sulle spalle la testa di un enorme orso.
Intanto il Presidente degli Stati Uniti si sta recando con l’Air Force One ad Helsinki per un incontro del G8. Ma poco prima dell’atterraggio la strumentazione di bordo impazzisce e i quattro aerei della scorta vengono abbattuti uno dopo l’altro da missili terra-aria. Il Capo della Sicurezza Morris espelle il Presidente in una capsula di salvataggio: ci penserà lui ad allertare le truppe a terra, che lo rintracceranno e lo porteranno in salvo. Ma non sono queste le sue intenzioni: è stato pagato 20 milioni di dollari per sabotare i computer e i paracadute dei passeggeri (che si schianteranno tutti, poveretti) da Hazar, pazzoide e ricchissimo terrorista, intenzionato a fare prigioniero il Presidente e giustiziarlo in diretta tv.
A Washington Vice-presidente, generali e capo della Cia si rivolgono disperati per consulenza a Herbert, agente in Finlandia ai tempi della Guerra Fredda ormai in pensione (ma neanche lui da così lontano può fare molto) e assistono impotenti agli avvenimenti davanti agli schermi dei satelliti. Ma per fortuna c’è Oskari, all’inizio timoroso ma certo molto più a suo agio nei boschi del “cittadino” Presidente. Sfodera un coraggio da leone e con i suoi modesti mezzi riesce a mettere in salvo l’uomo più potente del mondo e a sconfiggere i “cattivi”. Non è riuscito a uccidere un orso, ma la sua preda è stata bella grossa! E sui titoli di coda accanto alla foto di Tapio con l’orso campeggia quella di Oskari con il Presidente.
Nel 2010 il 34enne regista finlandese Jalmari Helander vinse un gran numero di premi e si guadagnò la stima generale per il curioso film RARE EXPORTS (TRASPORTO ECCEZIONALE, in Italia direttamente in dvd e poi in tv), uno strano horror con qualche manciata di umorismo nordico, su un gruppo di montanari che ritrovava sotto il ghiaccio un vecchio miracolosamente ancora in vita e le sue renne trucidate: un Babbo Natale in versione sanguinaria e cattivissima. Era un film girato con pochi mezzi e praticamente in famiglia: l’aveva scritto col fratello Juuso, i protagonisti padre e figlio erano il cognato e il nipote Jorma e Onni Tommila. E siccome squadra che vince non si cambia, anche con i ben maggiori mezzi di una produzione internazionale, rieccoli entrambi, con tutta la freschezza e simpatica rudezza di chi finora è stato ben lontano da Hollywood.
Girato a Garmisch-Partenkirchen (Baviera) con un cast di lingua inglese – con Victor Garber come Vice Presidente, Felicity Huffman come capo della CIA, Jim Broadbent come onnisciente esperto anti-terrorismo e Ted Levine come generale – BIG GAME (ovvero CACCIA GROSSA) ha una somiglianza solo superficiale con i tipici blockbuster hollywoodiani. Ricorda un po’ quel fenomeno tipico degli anni ’70, quando ogni successo americano generava in Europa legioni di scanzonate imitazioni a basso budget. Qui l’ispirazione devono averla fornita i già eccessivi di loro AIR FORCE ONE e SNAKES ON PLANE e a Samuel L. Jackson è stato assegnato il ruolo per lui inconsueto di un Presidente alquanto pavido e imbranato. I cattivi sono francamente da operetta, sia il Capo Sicurezza Ray Stevenson – ben lontano, in completo scuro, dagli eroici fasti e dalle sexy tuniche di Tito Pullo in ROME – sia l’isterico Hazar del turco-tedesco Mehmet Kultulus. La trama “terroristica” è alquanto aggrovigliata, e mi auguro per il bene del Mondo tutto che la Sala Emergenze della Casa Bianca sia fornita di persone un po’ meno incapaci.
Ma non importa, la parte iniziale con il bambino che si confronta con la sua famiglia di rudi “uomini veri”, il suo rapporto con la natura e con se stesso, e poi la sua progressiva crescita nel giro di sole 24 ore, sono davvero buone. E altrettanto godibili e ben scritti sono i dialoghi fra Oskari e il Presidente William Moore (“ma tu chiamami Bill”), che nonostante la tragedia finiscono spesso in situazioni decisamente buffe. In Usa è stato distribuito in due versioni: con 20 minuti tagliati su 90 (e mi chiedo che cosa si capisse della trama!) oppure col divieto ai minori, perché i soliti bacchettoni hanno ritenuto immorale far vedere per tutto il tempo un bambino armato (di arco e frecce, santiddio!). Se avete nostalgia di un divertimento per famiglie come ai tempi di Bud Spencer e Terence Hill, con un po’ di effetti speciali in più, portateci i ragazzini e spassatevela con chili di pop corn.
M.P.
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