Google non é solo un motore di ricerca… é una banca dati che conosce la nostra vita in modo paurosamente dettagliato
La settimana scorsa ho assistito a una conferenza sul European Data Protection Supervisor. Per gli amici, EDPS. Un’autorità garante della privacy, a livello europeo, creata nel 2004. Non sono molti a conoscerla ancora. Tuttavia, quello di cui abbiamo discusso riguarda la vita di parecchi, di tutti quasi.
Google per molti è stata un’invenzione grandiosa, in grado di semplificare la vita e di facilitare l’incontro delle persone, lo scambio di beni, la prestazione di servizi. Google ha reso il mondo piú piccolo e accessibile. Nessuno potrebbe ormai fare a meno del motore di ricerca per eccellenza. Ma c’è un altro lato della medaglia che ha dello stupefacente, per non dire inquietante: Google sa praticamente tutto di noi.
Nessuno ci fa mai caso, eppure ogniqualvolta cerchiamo qualcosa su internet usando il motore Google, lui registra i nostri dati, il nostro indirizzo IP, le stringhe di ricerca, la frequenza nel tempo. Cosí facendo, Google ha un nostro profilo e se siamo iscritti anche a Gmail tale profilo ha un nome e cognome ben preciso, del quale è possibile monitorare le abitudini, le preferenze, i cambiamenti nel tempo. Google ha comprato Youtube e gli account da qualche tempo si possono unire. Ora è possibile persino sostituire il nick YouTube con il nome e cognome di Google. Ma Google è anche Google+, un social network un po’ fallimentare che, per coloro che hanno aderito, ha consentito a Google di conoscere anche le amicizie, le “reti” di rapporti, i legami anche piú intimi, il che significa una condivisione potenzialmente pericolosissima di dati.
Verrebbe da pensare che in un futuro neanche tanto lontano il potere maggiore sará detenuto proprio da coloro che possiedono una tale massa immensa di dati, un’anagrafe dettagliata della popolazione mondiale. Pensate cosa potrebbe accadere se Facebook un giorno potesse mettere in comune con Google i propri dati . La nostra vita passerebbe sotto gli occhi dei loro dipendenti come un borsone allo scanner di un aereoporto.
L’argomento mi ha incuriosito e cosí ho approfondito cercando delle informazioni, ovviamente, su Google. E ho scoperto che quando facciamo ricerche e siamo contemporaneamente “loggati”, Google registra le nostre ricerche in una pagina che permette di ricostruire per anni ed anni la tua vita su internet. Questa “funzionalitá”, che io definirei piuttosto una forma legalizzata di spyware, si chiama Web History e tutti l’hanno attivata senza neanche saperlo. Consiglio a ciascuno di verificare sul proprio account Google la sua disattivazione e, in caso contrario, spuntare la casellina e cancellare la vostra Web History.
Secondo Google, la Web History sarebbe utilissima perché permette di dare risultati piú aderenti alle ricerche di ciascuno. Questo monitoraggio stile Big Brother, fa sí che si ottengano diversi risultati in base ai computer e ai profili di chi cerca. Non é una cosa molto corretta. Alla conferenza dell’EDPS ci hanno suggerito un modo per far fronte a questa eccessiva personalizzazione delle query su Google. Se si effettua una stessa ricerca attraverso il sito http://www.startpage.com, si ottengono i risultati di un “Google neutro” e contemporaneamente non si forniscono a Google i nostri dati, per evitare che ci possano inserire in statistiche e ricerche di mercato. Quella che in gergo si chiama “anonymous navigation”.
Ma la problematica va ben oltre il settore del marketing e della pubblicitá mirata. Lo mette ben in evidenza un interessantissimo libro, intitolato “The Filter Bubble“. Quali sono i pericoli che si annidano in questa eccessiva esposizione della propria vita su internet? Me ne vengono in mente tre. Uno, verba volant, scripta manent. Tutto ció che è scritto sulla rete rimane per sempre e non sono possibili ripensamenti o correzioni. Due, gli uffici di HR che selezionano il personale spesso vanno a curiosare sui profili Facebook dei candidati, quindi attenti a quello che postate. Tre, come ci hanno detto alla conferenza: immaginate cosa potrebbe accadere se il supermercato sotto casa vostra (che conosce le vostre preferenze alimentari perché avete una Carta Fedeltá) mettesse in comune la sua banca dati con la vostra compagnia di assicurazione sulla vita…
Ylenia Citino