Il commento di Maurizio ErmisinoSummary:
Il robot completamente bianco, morbido e rotondo – creatura originalissima e irresistibile – che nella seconda parte di Big Hero 6 appare bardato in una corazza metallica da supereroe alla Iron Man è il simbolo della nuova vita della Disney. Si è parlato molto della possibile “disneyzzazione” della Marvel, non appena la casa di Topolino ha acquisito la famosa casa dei supereroi (in parte avvenuta, vista la differenza tra The Avengers e i primi Iron Man), ma si è riflettuto poco sulla possibile “marvellizzazione” della Disney. Che è chiara con questo Big Hero 6, tratto proprio da un fumetto Marvel poco noto lanciato nel 1998, un film che rappresenta bene la sintesi tra Disney, Marvel e Pixar, le due società più importanti (insieme alla Lucasfilm) che la più nota casa di animazione ha acquisito di recente.
Big Hero 6 racconta la storia di Hiro (il nome è giapponese, ma si legge come hero, eroe), ragazzo di 14 anni che vive con la zia e il fratello, giovane apprendista scienziato, di cui riprende per caso l’invenzione più importante: si chiama Baymax, la creatura irresistibile di cui sopra, e nasce come operatore sanitario. Baymax non può fare a meno di aiutare le persone: così, cominciando ad aiutare Hiro a ricercare la sua invenzione, i microbots – micro organismi robotizzati capaci di coordinarsi tra loro e, tramite la guida umana, diventare grandi costruzioni – diventerà un supereroe, con la complicità di un upgrade di Hiro – la corazza alla Iron Man – e degli amici di suo fratello.
A proposito di Pixar, la grande carta vincente di Big Hero 6, il suo personaggi principale Baymax, è un’invenzione degna della casa che negli ultimi vent’anni ha rivoluzionato l’animazione. E non è un caso, visto che a capo della Walt Disney Animation c’è John Lasseter. Baymax, bianco, morbido, lineare, buffo come un pinguino, è un po’ l’omino Michelin un po’ lo Stay Puft Marshmallow Man di Ghosbusters, un po’ la Eve di Wall-E (e proprio come Wall-E è nato per aiutare, per essere utile, dettaglio da non trascurare nel mondo di oggi), un po’ il C-3PO di Guerre stellari, con cui ha in comune la gentilezza d’altri tempi (come vedete in Big Hero 6 c’è anche un po’ di Lucasfilm…). È lui il vero punto di forza di un film che si muove tra la fantascienza intelligente, l’anime giapponese (è ambientato a San Fransokyo, unione tra San Francisco e Tokyo, e deve molto a Myazaki), il noir e il film di supereroi: più interessante nella prima parte, quando sembra un film di Spielberg, con Hiro che è uno dei tipici fanciullini carichi di stupore in cerca della figura paterna dell’autore di E.T., che nella seconda, quando diventa una versione animata di The Avengers.
Insomma, c’era una volta la Disney, la grande casa di animazione che sfornava capolavori, da Dumbo a Bambi a Biancaneve. Poi c’è stata la nuova Disney, l’acclamatissima Pixar, che fino a pochi anni fa ha sfornato un capolavoro dietro l’altro. Ora è il caso di dire che c’è una nuova Pixar. Ed è.. la Disney. Che, tra la guida di Lasseter e la vicinanza con la casa d’animazione sorella, ha ormai raggiunto i livelli di eccellenza della Pixar, che contemporaneamente sembra essersi un po’ seduta a furia di sequel e spin-off, e di guadagni sicuri. Ma la competizione interna tra quelle che sono due facce della stessa medaglia non può che fare bene al cinema, alzando sempre più in alto l’asticella della qualità. E, se avete dubbi su quanto Disney e Marvel siano una cosa sola, aspettate fino alla fine dei titoli di coda. E troverete un vecchio amico a cui volete molto bene…
Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net