Ad esempio, se fossimo tutti uguali o simili (diversità biologica ridotta al minimo), e non ci trovassimo il metodo per diminuire le mutazioni spontanee (che sono alla base dell’evoluzione), i caratteri genetici si differenzierebbero poco. Questo comporterebbe non solo la diffusione dei caratteri genetici che fan comodo (una particolare resistenza ad una determinata patologia ad esempio) ma rafforzerebbe molto i punti deboli del codice genetico (malattie genetiche, predisposizione a patologie particolari…). Ciò porterebbe dunque ad una “razza” pura (o quasi) ma decisamente debole.
Se pure trovassimo il modo di selezionare gli individui più “forti” e li facessimo incrociare tra di loro, la popolazione risultante sarebbe comunque a rischio d’estinzione, poiché (oltre ai caratteri “deboli” che si continuerebbero a trasmettere) avrebbero un sistema immunitario esente da evoluzione, e quindi statico, incapace di fronteggiare l’incredibile evoluzione dei microrganismi patogeni.
Inoltre la perdita dell’individualità tra gli uomini di una popolazione porterebbe ad un possibile appiattimento socio-culturale, siccome l’intelligenza è in parte definita dai geni. In sintesi vi sarebbe l’estinzione della specie senza che la stessa se ne accorga mediante un colpo di genio.
La diversità tra gli individui è alla base dell’evoluzione e quindi del miglioramento di una specie e con essa dell’ambiente. Ciò vale per noi, ma come per tutti gli esseri viventi. Grazie alla diversità tra i vigneti, ad esempio, possiamo ottenere più vini (impatto economico della biodiversità).