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Ci sono dei bavosi che passano le giornate a vedere Rete 4 (e di conseguenza consegnano il
Paese al Berlusca), altri parcheggiati ad un tavolino con il bicchiere di bianco, altri che costruiscono orti abusivi fortificati con lamiere e filo spinato, altri vivono nel sospetto, altri nella malinconia, altri si abbandonano alla religione e alle analisi sociali di Radio Maria, altri battono il territorio alla ricerca di cantieri e scavi, altri seguono il proprio cane al parco armati di paletta e sacchetto.
Poi ci sono gli arzilli, quelli che ti sorprendono per la loro voglia di vivere e la loro serenità.
Marcus (nome di fantasia), il mio capo, è uno di quelli. Diciamo che è nato sotto una buona stella.
Dalle informazioni che ho avuto su di lui posso ricostruire la sua vita grossomodo così.
Marcus nasce nel 1940. La sua è una famiglia contadina. All'epoca la Norvegia non era un paese ricco come adesso e si sudava per la pagnotta. Ad ogni modo la fattoria nella quale crebbe era molto grande. Ancora adesso quando Marcus mi parla dei confini mi dice: “Da qui alla montagna” o “da qui al fiume”. Studiò all'accademia militare e partì come volontario in Libano negli anni '60. Tornato dalla guerra sua cugina gli presentò una sua amica molto attraente del Finmark (Lapponia) con la quale si sposò due anni dopo.
Lui era sostanzialmente un contadino.
Allevava vacche, coltivava i prati per il fieno e vendeva il legname dei suoi boschi. Era gioviale ed atletico. Giocava a calcio, andava a pesca e a caccia. Lavorava duro. Lei, Anne (nome di fantasia) era una hostess e viaggiava molto. Gli fece conoscere l'Europa. Quando ebbero i figli Anne cambiò lavoro e divenne insegnante di tedesco e inglese. Ebbero tre figli, un maschio e due gemelle.
Negli anni novanta Marcus entrò in politica con un partito di centro e fu deputato per circa dieci anni, due legislature. Si trasferì quindi ad Oslo. Non so se abbia avuto successo come politico oppure no. Anche se in Norvegia la politica è più trasparente e onesta e il sistema è meno marcio perché la stampa segue i fatti con molta attenzione e gli elettori di conseguenza castigano, Marcus mi confessò che nemmeno il parlamento norvegese è il luogo adatto per un idealista.
Intrallazzi e compromessi ci sono dappertutto, fa parte dell'amaro gioco del potere.
Dopo il parlamento, anziché ingombrare cariche direzionali di istituzioni pubbliche, come succede in Italia se ne tornò alla sua fattoria. Aprì insieme alla moglie e a un'amica un centro di accoglienza per giovani con problemi sociali. Suo figlio che aveva studiato scienze sociali fu il primo dipendente e poi passò a direttore.
Quando venni qui la prima volta il centro era una casetta che ospitava cinque ragazzi, ora è il punto di riferimento per le politiche sociali giovanili della vallata.
Il centro conta di una quindicina di case sparse nel territorio e una ventina di dipendenti fra educatori, amministrazione e addetti alle manutenzioni.
Adesso Marcus è un uomo sereno, circondato di affetti. I figli si sono realizzati (le gemelle sono dottoresse), si sono sposati e gli hanno dato complessivamente undici nipoti.
Io invece non so se potrò incoronare il sogno borghese della mia famiglia, per il momento ci sono ben lontano. I parenti mi chiamano: “Il manovale laureato” e scuotono la testa.
Marcus settantenne parla un buon inglese, va a caccia, a pesca, in bicicletta, si fa due o tre viaggi all'anno. Lavora in bosco, maneggia la motosega, segue le attività del centro di accoglienza, gioca con i nipoti, si legge il giornale in terrazza, va in moto, riceve ospiti, mangia con appetito e si beve la sua birretta quotidiana o il bicchiere di vino.
Ha fama di uomo socievole, generoso e giusto. Quando parla di soldi lo fa con tatto, quando incarica un lavoro lo fa con precisione dando tutti gli strumenti per portarlo a termine nel migliore dei modi.
Qui c'è qualcosa da imparare.
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