di Giulia Annovi
Il libro “La biologia come ideologia” è una riflessione sul modo in cui il pensiero scientifico influenza la società, e come quest’ultima sottenda e abbia autorità sulla scienza. Lewontin si adopera per smascherare le false manifestazioni dell’ideologia scientifica moderna e le giustificazioni delle disuguaglianze sociali, talvolta legittimate dalla scienza.
Lewontin comincia con il definire cos’è la scienza. È innanzitutto un’istituzione sociale, più precisamente quella che nell’età moderna ha sostituito la Chiesa come fonte di legittimazione del potere. Le lotte o gli ordinamenti sociali necessitano di istituzioni, con la funzione di convincere la gente che la società in cui vive è giusta e buona. La scienza è l’autorità che procura “cose buone” all’umanità ed è obiettiva: la manipolazione del mondo materiale o la spiegazione dei fenomeni naturali sono compiti della scienza. Le sue verità travalicano qualsiasi possibilità di compromesso o errore umano, e anche per questo sono espresse con un linguaggio inaccessibile ai più.
D’altra parte, la scienza è integrata nella società, perché gli scienziati che la governano sono cresciuti in un tessuto sociale. Ma è pure modellata dalla società, perché è diretta da quelle forze che controllano tempo e denaro. L’influenza ideologica della società sulla scienza è qualcosa di più sottile: fino al XVIII secolo, la società dava poco rilievo all’individuo. Ciò si rifletteva nella scienza che vedeva la natura “come un tutto indissolubile”.
Il capitalismo industriale ha introdotto l’idea che l’individuo sia fondamentale e indipendente. In biologia, il controcanto di questa concezione è dato dall’introduzione di molecole, geni e cellule come causa e proprietà degli interi organismi. A partire da queste premesse, Lewontin fa una carrellata su tutte le teorie biologiche che sono state coinvolte per legittimare la struttura della nostra società.
Se la proclamazioni dell’uguaglianza e della libertà di ciascun individuo prometteva un riscatto sociale, che poi di fatto non si è verificato, i geni vennero sfruttati per giustificare una società diseguale. Secondo quanto asserisce il determinismo biologico, differiamo gli uni dagli altri per via di qualità genetiche, che sono ereditate e che assicurano la formazione di una società gerarchica.
L’autore dimostra come tali affermazioni non siano mai state scientificamente provate, e come la teoria possa essere facilmente contestata. Sebbene un individuo sia in parte determinato dai geni che eredita, altrettanto importante è l’interazione di questi ultimi con l’ambiente, così come la variazione casuale che si verifica in ogni divisione cellulare. Le variazioni che possono verificarsi nello sviluppo di un individuo sono molteplici. Il determinismo biologico ha proclamato alcuni individui geneticamente più adeguati a un determinato ambiente. Al variare delle condizioni ambientali, l’incontro di un assetto genetico più favorevole è quello vincente.
Ma Lewontin controbatte che il contrasto tra genetico e ambientale, cioè tra qualcosa di fisso e qualcosa di mutevole, è un errore di tale teoria che fa confusione tra “ereditato e immutabile”. Tutto ciò è confermato dai gemelli omozigoti, cioè con un assetto genetico identico: se cresciuti in famiglie diverse, mostrano uno sviluppo differente. Lo stesso discorso può essere applicato alle razze: non c’è razza geneticamente superiore all’altra, dato che la variazione genetica media è inferiore al 7%.
La biologia moderna ha importato anche un altro meccanismo all’interno della nostra società: la scoperta di virus e batteri come causa di alcune malattie infettive, ha introdotto il preconcetto che tutto sia governato da cause che generano effetti certi. L’obiezione di Lewontin è che spesso sono le forze sociali ad essere responsabili dei problemi di salute: le malattie infettive hanno come causa la mancanza di igiene; il cancro può essere causato da inquinanti generati dalle necessità di produzione e di consumo insite nella nostra società. Trasferire le cause dai rapporti sociali ad agenti inanimati, è una mistificazione della scienza moderna. La cosa diventa ancora più rischiosa quando è estesa ai geni, considerati causa principale di comportamenti aberranti, come ad esempio l’alcolismo o l’omosessualità o alcune patologie.
Questa teoria ha sostenuto il sequenziamento del genoma umano: la conoscenza dell’intera sequenza avrebbe dovuto fornirci uno stampo con cui correggere gli errori. Ma, chi dovrebbe fornire il codice considerato normale? E ancora una volta, possibile che la causa di tutti i nostri problemi sia scritta nei nostri geni? Lewontin oltre a sollevare le perplessità che poi verranno confermate dagli esiti del progetto genoma, smaschera anche gli aspetti sociali ed economici che vi erano sottintesi: la celebrità degli scienziati, l’acquisizione di posizioni accademiche di rilievo, la possibilità di sviluppo per le aziende biotecnologiche, i nuovi finanziamenti hanno spinto gli scienziati a impegnarsi in tale progetto.
Un’altra teoria sfruttata per giustificare la struttura della nostra società è stata quella evoluzionistica di Darwin, da cui ha tratto origine la sociobiologia. La teoria sostiene che ci siano caratteristiche comuni alla natura umana, ma che certi geni siano più giusti di altri per adattarsi alla società. Quindi, per selezione naturale, si è giunti all’attuale struttura delle nostre comunità civili. Ma non c’è modo di verificare le asserzioni della sociobiologia: il substrato genetico è talmente simile per la maggior parte degli individui, che non è possibile individuare quelli responsabili di tali caratteristiche. Secondo tale teoria, il mondo esterno cambia in base alle sue leggi, perciò l’assetto genetico, che casualmente si trova ad essere più adatto all’ambiente, viene trasmesso a un maggior numero di individui perché hanno più probabilità di sopravvivere.
Nella società, tuttavia, le interazioni sono molto più complesse, come ci fa notare Lewontin: gli organismi non si trovano in un ambiente disgiunto da loro stessi, ma concorrono alla sua creazione. Quindi, i due comparti genetico e ambientale si influenzano a vicenda. L’autore presenta gli ambientalisti sotto una luce totalmente nuova e biasima il loro comportamento, perché non hanno compreso che non è possibile vivere senza modificare il proprio habitat con la nostra attività. La domanda da porsi, non è come salvare il mondo attuale, ma piuttosto, come la gente vuole il mondo e come deve vivere per adattarvisi al meglio? Non possiamo contrastare il cambiamento dell’ambiente esterno, ma con una buona organizzazione sociale ci si può adattare alle nuove condizioni. In questo contesto, decade l’idea di una società fatta di singoli individui e governata da pochi prescelti per le loro caratteristiche. Nessun essere individuale può volare, gli individui volano solo se si organizzano con un’insieme di strutture sociali, quali aerei e aeroporti. La nostra società non è dominata né dai geni né dall’ambiente esterno: è retta dall’azione e dalle interazioni sociali.
Lewontin ne “La biologia come ideologia” invita il lettore a un ragionevole scetticismo nei confronti della scienza moderna e lo fa con testo chiaro e accessibile. I temi trattati sono attuali e dimostrano come la scienza, nella nostra società, sia il garante della comprensione dell’intera esistenza umana. Le affermazioni dell’autore sono dimostrate da studi scientifici e spiegate tramite numerosi esempi derivati anche dalla letteratura, cosa che contribuisce a rendere piacevole la lettura. Il libro è utile a un pubblico vasto che necessita di prendere consapevolezza su questioni scientifiche capaci di influenzare la nostra società. È, tuttavia, anche un’importante spunto di riflessione per gli scienziati, affinché comprendano a pieno il ruolo preminente che hanno all’interno della società. La scienza non è per gli esperti: è forte l’invito alla partecipazione e all’impegno condiviso, per comprendere e guidare la scienza nel suo ruolo all’interno della società.