Un regista che è prima di tutto un autore (Alejandro Gonzàles Iñárritu), un cast composto di nuove e vecchie glorie, e soprattutto una trama che ruota attorno al mondo del cinema e del teatro, dello spettacolo, tema che si è presentato sotto diverse spoglie per tutto il Festival di Venezia, dove Birdman è stato il film di apertura.
Queste carte già utilizzate altrove, vengono però rimescolate, e così il regista/autore si appresta alla sua prima opera “diversa”, abbandonando lo schema corale che lo ha da sempre contraddistinto, abbracciando Hollywood e le sue stelle, scegliendo però proprio quelle che negli ultimi anni hanno brillato meno.
Michael Keaton e Edward Norton tornano in scena in un film su Hollywood e che sbeffeggia Hollywood, con il primo indimenticabile Batman targato Tim Burton che interpreta un attore in decadimento che si appresta a calcare il palco di Broadway per togliersi di dosso il pesante vestito di Birdman, supereroe a cui ha prestato volto e gesta per una trilogia osannata da fan e critica.
Attorno a Riggan Thompson, si moltiplicano inevitabili le pressioni: la sua coscienza, il suo Io più nascosto è sempre lì, in agguato, pronto a distruggerlo e a tentarlo, a mostrargli quanto più facile sarebbe la vita da Birdman, da supereroe acclamato, quanto il pubblico di oggi ha bisogno di essere sfamato a suon di azione e effetti speciali.
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In questa fusione tra realtà e finzione, c’è spazio per parecchi discorsi metacinematografici e metateatrali, con quel prefinale esaltante condito da una monologo da applauso che ben inquadra la fetta più importante di quel famoso pubblico di oggi o con la spietata critica che non ne può più di attori che vogliono consolidare la loro carriera unendosi alle voci teatrali come nulla fosse, sporcando e infangando una tradizione.
E c’è spazio anche per riflettere sulla fama, sull’essere famosi dove contano più i followers su twitter, le visualizzazioni su youtube di un tuo video, che non lo sforzo incessante di rendere l’opera di Raymond Carver credibile sul palco.
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Iñárritu prende tutto questo, prende la Hollywood più da cliché e la Broadway più snob, i trend del momento e i più classici snodi del dramma e li mette in un calderone pronto ad esplodere, con le prove e le anteprime dello spettacolo che vanno man mano ad intensificare i problemi personali, famigliari e lavorativi.
Ma Birdman è più di un film sui film e sul teatro, è anche una regia attentissima e curatissima, che compone l’intero film in un lungo piano sequenza paradossalmente spezzettato, con la macchina da presa che segue e insegue i protagonisti senza sosta, ci inserisce in quei stretti corridoi dietro il palco, con un ritmo incessante dato dalla perfetta colonna sonora del batterista Antonio Sànchez.
Così facendo, Birdman è una continua corsa, un’instancabile maratona nella vita di uomo che è prima di tutto un attore, attorno a un Keaton che non ha paura di mostrare il suo corpo flaccido, di un Edward Norton e di una Naomi Watts che sembrano tornati i solidi interpreti di un tempo e di una Emma Stone all’altezza del cast.
Birdman è in definitiva il ritratto al vetriolo di un mondo patinato, che sbeffeggia questo stesso mondo pur facendone parte, rimanendo in bilico e riuscendo ad accontentare chi si aspetta un successo commerciale, e chi un film che ha qualcosa da dire, a suo modo, trovando imprevedibili virtù anche nell’ignoranza.
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