Finalmente ce l’ho fatta ad andare al cinema a vedere questo film. Ci ho provato per un paio di settimane, ma alla fine la missione è andata a buon termine, nonostante il The Space della mia zona abbia snobbato con disinteresse questo film, che probabilmente – lo dico ancor prima di iniziare la recensione – è la migliore pellicola uscita fino a questo momento nel 2015. Nella stessa settimana il caro buon vecchio cinema con la sagoma dell’omino, è riuscito a non farmi vedere anche Whiplash, che comunque ho rimediato, portandosi a due bei film non proiettati. Tutto, immagino, per dare un paio di sale a 50 sfumature di grigio (che comunque porta i suoi bei soldi dalle 15enni e da qualche desperate houswife) e uno a qualche film veramente scarso che non sto nemmeno qui a nominare. Ma vabbè, il business è quel che è…procediamo.
Riggan Thompson (Micheal Keaton) è una celebrità in disgrazia, un tempo grande attore di Hollywood grazie alla saga di Birdman, un supereroe alato (che ricorda Hawkman della Dc Comics…la stessa Batman…ma ci torneremo). Per dare nuovo vigore alla sua carriera, decide di gettarsi sul teatro e porta a Broadway uno spettacolo tratto da un’opera di Raymond Carver, da lui adattata, diretta e interpretata. Nel cast dell’opera entra a far parte Mike Shiner (Edward Norton) famoso attore di teatro, che fungerà da voce della verità per Riggan. Col passare delle tre anteprime, che porteranno poi allo spettacolo di prima, le relazioni fra i quattro attori del cast e altri personaggi esterni si vanno complicando sempre di più e si profila il disastro, anche se Riggan ha investito tutto quello che gli è rimasto in quest’ultima occasione di rivalsa. In tutto questo si inserisce anche un altro “personaggio”, rappresentato dalla voce di Birdman che Riggan continua a sentire quando rimane solo: la voce del suo ego.

Per raccontare questa storia Inarritu sceglie un lungo e infinito piano sequenza, ovviamente finto ma utile allo scopo. Il piano sequenza ha, infatti, lo scopo di lasciare lo spettatore incollato allo schermo e quando la camera si muove all’interno degli stretti corridoi del teatro, per poi finire nella vastità della sala principale, l’effetto è assicurato. Ogni volta che la camera si muove veniamo proiettati all’interno di un mondo strano e particolari, popolato di personaggi grotteschi, come lo stesso Riggan o sua figlia Sam, appena uscita da una riabilitazione per droga, che d’altra parte trasudano verità e sentimento. Nonostante il loro essere “strani”, infatti, i personaggi ci sembrano familiari, vicini a noi come poche volte capita al cinema. Sam, disillusa e tormentata. Mike, che riesce a essere vero solo sul palco. Jake, la voce della coscienza. Laura, in cerca d’amore. Lesley, in cerca di rispetto. Tabitha, che critica tutto per non sentirsi una nullità. E Sylvia, quello che è andato perso. Ogni personaggio sembra rappresentate un pezzo delle emozioni di Riggan, ormai rimasto svuotato e succube del suo Ego, che gli parla con la voce di Birdman.
Impossibile, poi, non associare la storia di Riggan e del suo Birdman con quella del suo interprete, ovvero con Keaton e il suo Batman. Un attore che ha sfondato agli inizi dei ’90 portando al cinema un supereroe mascherato, ma che dopo quell’avventura non è mai riuscito a liberarsi da quell’immagine nelle menti degli spettatori. Affidare il ruolo di Riggan a Keaton è stata una delle migliori scelte di sempre.

Capolavoro!
Fan fact: Inarritu aveva inizialmente previsto un altro finale per il suo film, nel quale Jhonny Depp nelle vesti di se stesso si trovava in un camerino con alle spalle un poster di “I Pirati dei Caraibi 5″ e – come accade all’inizio del film a Riggan – sentiva dietro di sé la voce di Jack Sparrow che diceva “Come ci siamo ridotti così, amico?”.
Il finale fu riscritto a metà riprese per due motivi: 1) a Inarritu era iniziato a non piacere e pensava fosse sbagliato e 2) Depp non era disponibile per girare il cameo finale.