Del bere una birra (+ tequila) con il nome
del noto e sanguinario Hernán Cortés.
Nome: Cortes
Tasso alcolico: 6%
Dove: Eurospin
Costo: 99 centesimi per una bottiglia da 33 cl
Voto: 1/5
Una delle più grandi invenzioni dell’Uomo è la tequila. Poche storie. Si può essere incerti sull’importanza della penicillina, sull’utilizzo medico dei raggi X, sulla ruota e, volendo, anche sul fuoco. Sulla tequila, però, non vi sono dubbi: l’invenzione di tale distillato di agave blu è qualcosa di eccezionale. Paragonabile, anche per un ABC (ateo, blasfemo e comunista) come me, a un dono divino. La verità è che la tequila, traslata in campo medico, è pressoché in grado di curare qualunque male; infondendo nel corpo provato da alcol o stanchezze varie una forza paragonabile soltanto agli spinaci allucinogeni di Braccio di Ferro. Con l’indubbio vantaggio di non dover avere a che fare con quel ramo secco di fidanzata che risponde al nome di Olivia. La quale, nel tempo libero, svolge la professione di sosia del sindaco di Torino Piero Fassino (ebbene sì, esiste la professione “sosia di Piero Fassino”). A sostegno della tesi sui poteri medicamentosi della tequila porto il compleanno di alcuni anni fa, quando mi scolai quasi una bottiglia intera Jose Cuervo, finendo poi ad abbracciare sconosciuti per le fontane padovane. Ottenendo i non deprecabili superpoteri dell’incoscienza totale, del corpo di gomma (dio solo sa quante volte sono caduto), del teletrasporto (ancora oggi non so come giunsi a casa) e molti altri, la cui declinazione è meglio resti avvolta nella sfera del privato. In ogni caso, ogni buon bevitore di Birre Ignoranti sa del potere “risuscitatore” della tequila la quale, assunta in giuste dosi, è in grado di far passare anche la sbronza più molesta, restituendo così il bevitore a ciò che la Natura ha predisposto fosse il suo destino. Ovvero, tautologicamente, sbronzarsi senza ritegno.
La tequila e la birra dunque, quanto meno nel mio immaginario, sono legate a doppia mandata. Una sorta di doppia faccia della luna. Una oscura, l’altra visibile. Una radiosa e costante, l’altra buia e salvifica. Così salvifica da dover essere invocata soltanto in momenti di estrema necessità e, da lì, coltivata con rispetto e dedizione. E, perché no, omaggiata sacrificando impensabili feticci, al fine di tributare le dovute onorificenze a questa specie di Idolo. Il quale appare magicamente nei momenti più impensabili, soltanto per proiettarti in regioni dell’Universo Etilico che si trovano ai confini della galassia alcolica del coraggioso e incurante bevitore di Birre Ignoranti. Capita, però, che una coppia così perfetta e utopica sia pressoché impossibile da sintetizzare in natura. E che, come le migliori coppie, viva il suo idillio nella separazione piuttosto che nella convivenza. Che ben vi voglio vedere voi a far convivere birra e tequila con la cieca convinzione di ottenere qualcosa di saggio. Mica stiamo parlando della famiglia del Mulino Bianco, con Antonio Banderas che, coperto di farina (“cos’avrà voluto dire?”), convive con la sua cara e adorata gallina Rosita. La quale, ogni giorno, si sveglia sfornando quelle decine di migliaia di uova necessarie per sfamare i bambini di mezzo mondo a furia di Galletti (che poi, dato che i biscotti in questione sono contaminati da metalli pesanti, chissà che diavolo mangia la gallina Rosita? Alluminio Cuki?). No, mica sono così facili le cose! La verità è che la birra e la tequila sono i Romeo e Giulietta dell’alcolismo. L’amore impossibile che, prima ancora di consumarsi, s’infrange nell’impossibilità del compimento. Inutile dire, quindi, come abbia sempre schifato tutte le birre aromatizzate alla tequila. Birre che, a mio avviso, hanno lo stesso senso di esistere delle Radler (#tempodilimonare? no grazie, io ci vado subito giù pesante, sono della vecchia scuola…). Ovvero nessuno. E non me ne vogliano i tedeschi. Dicevamo, per me le birre aromatizzate alla tequila sono sempre state la quintessenza dell’inutilità, e facevano il paio con le sedicenni che vedevo in gioventù berle con allegra e falsissima euforia. Come se sia possibile sbronzarsi di Desperados o dio solo sa quale altra marca mainstream inventata dalla GDO per sbugiardare la purezza alcolica della birra e della tequila (la Desperados la vomiti perché fa ribrezzo, non perché sei troppo sbronzo…): operazioni studiate a tavolino per sminuire il valore delle Birre Ignoranti, sappiatelo! Complotti degni del Mossad fuso con la CIA e l’MI6 (anche James Bond si è messo a bere Heineken: lo abbiamo perso…), il tutto a discapito di ciò che è la fonte del nostro sentimentalismo etilico. Ovvero l’adorazione delle Birre Ignoranti.
Tuttavia ogni amore, per essere tale, deve subire delle prove che ne sanciscano la forza e ne ribadiscano il valore. Senza, però, cadere nell’abisso delle “finte scuse”. Perché, come ribadiva mia madre citando “Love Story”, «Amare significa non dover mai dire “mi dispiace”» (chissà perché diavolo me lo ripeteva sempre? Non avevo nemmeno dieci anni! Grazie mamma, adesso mi ritrovo con questo maledetto disco rotto in testa e un’avversione endemica per Ryan O’Neal). Nemmeno quando, spinti dalla curiosità, si finisce per prendere una topica tremenda, finendo così a sbattere la testa su quel fatidico muro contro il quale hai sempre giurato e spergiurato che mai ti saresti andato a schiantare (e qui ci starebbe bene un revival di quel viaggio a Barcellona quando, nel Barrio del Raval tra puttane e transessuali, un amico pontificò: «ricorda, dove oggi non vai camminando, domani andrai correndo!»). Così, nella mia spesa settimanale di Birre Ignoranti all’Eurospin, mi imbatto nella Birra Cortes: birra aromatizzata alla tequila con tanto di colline messicane e sombrero in bella vista. Ok, Andreij, dico in cuor mio, già lo sai che sarà una birra di merda, quindi perché dovresti comprarla? È la mia vocina razionale a parlare, e ben dovrei ascoltarla senz’ombra di dubbio. Solo, accade poi che s’insinui la vocina dell’Ignoranza Birresca Professionale. La quale mi dice che sì, poche storie, mica puoi sempre recensire “perle” stile Finkbräu o Ober Burger! A volte capita la “merda”, Andreij caro (vi avviso, la mia “vocina dell’Ignoranza Birresca Professionale” è assai sboccata)! E ben lo dovresti sapere che in amore e Birre Ignoranti tutto è permesso. Perché il solo dato di fatto è che a Stalingrado non passano ma, per il resto, a questo mondo può accadere di tutto. Anche di comprare una Birra Cortes aromatizzata alla tequila dell’Eurospin e scoprire che sì, che viene prodotta in Polonia (!), nei casermoni reazionari post-comunisti votati alla becera produzione e distribuzione di ogni cosa che possa minare la dittatura del proletariato Birrignorantesco.
Così, incuriosito dalla folle ermeneutica che accoppia (accoppa?) Birra e Tequila nonché Messico e Polonia, infilo la Birra Cortes nel carrello. Avendo ben premura di nasconderla tra le Domfürsten e le pizze margherita surgelate Tre Mulini (non Bianchi democristiani, bensì Rossi bolscevichi!). Perché sì, perché ho una reputazione da difendere, poche storie! E la Birra Cortes la faccio scivolare furtivamente sul nastro della cassa, cercando di distrarre la cassiera affinché non si accorga che quel ragazzo con la barba lunga e la maglietta dei Joy Division sta davvero acquistando una merdosissima Birra Cortes aromatizzata alla tequila! Prodotta in Polonia, per altro, e con un sombrero così farlocco come logo da far impallidire i finti messicani degli spaghetti western all’italiana di Sergio Corbucci (sia lode a te, maestro!). Superato non senza difficoltà lo scoglio dell’occultamento della birra, corro a casa in Vespa e la metto in fresca in frigo. La posiziono, però, nello scomparto più in vista, affinché il memento mori della Birra Cortes non venga mai meno. Amici cari, non ci girerò troppo attorno: la Birra Cortes fa cagare! Prodotta in Polonia su licenza della Van Pur, la Birra Cortes unisce la sapienza della tradizione tequilesca degli antichi Aztechi con la follia birraiola dei conquistadores spagnoli. Il tutto sotto l’egida delle più folli teorie restauratrici polacche, le quali apportano fisicamente alla ricetta della Cortes quel tocco di antiossidante (no, non sto scherzando: antiossidante; leggete la lista degli ingredienti!) che le dà quel non so che di speciale. Ovvero un gusto mortifero a metà tra il limone andato a male e la Jose Cuervo lasciata svaporare al sole del deserto del Sonora per un paio di mesetti buoni (e magari con qualche coyote che ci ha pure pisciacchiato dentro).
Leggenda vuole che il noto e sanguinario Hernán Cortés, condottiero spagnolo inviato dai “cattolicissimi” re di Spagna per colonizzare il Nuovo Mondo, portasse con sé un mozzo polacco di nome Bartek, il quale era rinomato per le sue abilità di cuoco di bordo. Abilità che lo portavano alla creazione di ottimi e succulenti “mappazzoni” (vi basti sapere che la carne rancida di gabbiano era la “regina” della cucina di Bartek) degni delle migliori edizioni di Masterchef. Così, una volta portato a termine il lavoro per cui erano stati inviati (ovvero lo sterminio di decine e decine di milioni di nativi, lavoro “improbo” svolto a colpi d’ascia come ben ricorda il buon professor Remy Girard de “Le invasioni Barbariche” di Denys Arcand), i conquistadores spagnoli decisero che era giunto il momento di rilassarsi un po’ e, per dare pace alla loro sete (nonché al senso di disgusto per l’azione compiuta) era necessaria la creazione di una bevanda che accoppiasse (accoppasse) le due culture. Così da sancire vita natural durante (come se non bastasse la Storia) le malefatte e le nefandezze compiute.
Fu dunque al buon Bartek che venne l’idea di mescolare della sgasatissima birra spagnola con il distillato d’agave che i nativi erano soliti bere. Il tutto aggiungendo un po’ di ingredienti a caso, sulla cui origine è meglio glissare (un po’ come sul mio post compleanno padovano). Ecco, quindi, che prese vita la proto-Birra Cortes: schifosissima Birra Ignorante aromatizzata alla tequila dal sapore di sterminio e pestilenza. Capace di ricordare, con i suoi 6 gradi alcolici di disgusto, le peggiori aberrazioni compiute dall’Uomo occidentale in nome del diritto divino. O, quanto meno, dell’esportazione della democrazia. Che se funzionasse così bene, questa nostra democrazia occidentale, ne saremmo ben gelosi e ce la terremmo ben stretta, mentre sembra che la vogliamo sbolognare a destra e a manca. Come se fosse una morosa un po’ stronza che ci ha rotto le scatole e che è meglio vada a far danni a casa d’altri e non a casa nostra.
La Birra Cortes ha il classico color giallo paglierino, stile analisi delle urine al centro prelievi dell’ospedale. I gradi alcolici, come detto in precedenza, sono 6, e la percentuale di tequila all’interno della fantomatica voce “aromi” (chissà che cazzo sono questi “aromi”?) è del 63%. Ciò significa che vi è un buon 37% di “aromi” che ingurgitiamo senza sapere cosa diavolo siano. Un po’ come gli ingredienti segreti della proto-Birra Cortes di Bartek, per intenderci. Giusto per restare fedeli alla linea. Il costo della Cortes è di 99 centesimi per una bottiglia da 33 cl, e si trova con facilità nei peggiori Eurospin dello Stivale. Spesso è in promozione, a testimonianza di come la sua bontà contagiosa la renda irrinunciabile per ogni buona colica renale che si rispetti. Se avete quindi in programma un’uscita a due con una ragazza rimorchiata per sbaglio dopo una sana e robusta Sbronza Ignorante ma non siete sicuri della beltade della ragazza in questione, bè, la Birra Cortes è la birra che fa per voi! Portatevene un paio e, dopo aver verificato che la ragazza che la scorsa notte vi sembrava la copia sputata della vostra attrice porno preferita è in realtà la sosia di Piero Fassino (fidatevi, ce ne sono molti di più di quanto possa sembrare!), trangugiatele al salto. Magicamente, in men che non si dica, vi ritroverete distesi a terra con un simpatico rumore di sirene in avvicinamento e lampeggianti blu a tutto spiano. Ma che importa? Dopotutto, in amore, ciò che conta è non dover mai dire “mi dispiace”. E lo stesso dicasi per le Birre Ignoranti. Che figuriamoci se basta un’overdose di Birra Cortes a farci dire “mi dispiace”! Perché l’amore per le Birre Ignoranti vive di un sentimentalismo romantico. Passionale e spirituale allo stesso tempo. Un po’ come la tequila e la birra. O come Romeo e Giulietta. O il Messico e la Polonia. O Antonio Banderas e la gallina Rosita. Un po’ come tutti i vizi aberranti che ci portiamo animalescamente dentro, insomma. Ma che, come due facce della stessa luna, ci appartengono molto più di quanto noi stessi apparteniamo a loro.
Perché il loro caos è la cifra della nostra unicità.
E di sbatterci contro, nemmeno troppo nascostamente, siamo più lieti di quanto possa sembrare.
¡Salud, Compañeros!
¡Hasta la cerveza, siempre!