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Bisanzio in 3D

Creato il 16 ottobre 2011 da Istanbulavrupa

Bisanzio in 3DSi parlava altrove di quanto il passato bizantino di Istanbul sia pressoché ignorato e pesantemente trascurato in Turchia (e sono pochissimi ad esempio, i turisti che si addentrano nelle zone – ricchisime di testimonianze, anche se poco visibili – a ridosso delle mura di Teodosio, eccezion fatta per la ex chiesa di San Salvatore in Chora e per i suoi fenomenali affreschi). Mi permetto però di riprodurre un passaggio dell’articolo che ho scritto per East su Istanbul 2010 capitale europea della cultura e di segnalare lo spettacolare progetto per la ricostruzione digitale della capitale bizantina nel 1200, Byzantium 1200 (la mostra organizzata nel 2010 al museo archeologico è diventata una sala delle collezioni permanenti, in cui sono esposte delle riproduzioni fotografiche delle ricostruzioni digitali insieme a oggetti provenienti dai più recenti scavi archeologici):

Istanbul 2010 ha comunque avuto il grande merito della riscoperta – attraverso mostre e l’apertura di nuovi musei – del passato della città nelle sue molteplici configurazioni: la capitale romana e poi bizantina, la capitale ottomana dalle molte trasformazioni, la non più capitale della Repubblica turca che ha gradualmente espulso le minoranze ottomane e ne ha attratte di ancor più numerose dai Balcani e dall’Anatolia – una storia pre e post-islamica non perfettamente conosciuta dagli stessi istanbulioti. Il museo (privato) Sakıp Sabancı ha organizzato la mostra “Da Bisanzio a Istanbul: 8000 anni di una capitale”, dalla preistoria ai nostri giorni, programmata da giugno a settembre nella sua splendida sede in riva al Bosforo. Una mostra sorprendentemente di assoluta originalità in Turchia e a Istanbul, in cui in effetti solo l’epoca ottomana riceve abitualmente la giusta attenzione, riedizione in grande di quella analoga allestita l’anno prima a Parigi in occasione della Saison de Turquie (“Da Bisanzio a Istanbul, un porto per due continenti”): che non si è limitata a presentare degli oggetti – dalle testimonianze archeologiche ai capolavori dei maestri d’arte, dagli strumenti della quotidianità alle foto – ma ha raccontato una storia di sviluppo, di espansione, di continua mutazione, a partire dalla videoamazione introduttiva. Oggetti e tesori, provenienti dai musei statali turchi – depositi compresi – e da musei e collezioni private di tutto il mondo (58 in totale), dispersi nei secoli grazie agli scambi commerciali e ai doni di corte oppure frutto di saccheggi come quello emblematico della quarta crociata: che non rappresentano un altrove seppur temporale, ma sono parte integrante della Istanbul del 2010 – come i resti di 8000 anni fa rinvenuti recentemente a Yenikapı, in uno dei cantieri per il tunnel sotto il Bosforo in via di costruzione.

La mostra aveva due espliciti obiettivi. Il primo è stato perfettamente centrato, per merito di un comitato scientifico interdisciplinare (storici, storici dell’arte, archeologi, architetti, museografi) coordinato dalla direttrice del museo Nazan Ölçer: presentare la città come mosaico sociale e culturale, prodotto dell’inesauribile capacità delle sue molteplici popolazioni di adattarsi ai repentini cambiamenti e delle traversie della storia che hanno nascosto ma non cancellato le tracce del passato – come dimostra ed esemplifica l’iscrizione in arabo di una moschea sul verso di una lastra marmorea con la croce, scelta per illustrare nel percorso espositivo il passaggio dalla romana Costantinopoli alla ottomana Istanbul. Il secondo era molto più ambizioso: far emergere la consapevolezza collettiva – nel grande pubblico come nelle autorità politiche – dell’importanza di proteggere la ricchezza e la diversità della città, non dei singoli monumenti ma dello stesso tessuto urbano stratificato – una mostra di certo non basta, l’impulso è stato però inviato in modo esemplare.



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