Febbraio per me è un mese pazzo. Due anni fa mi sballottavo in felicità, oggi, ho un mal di schiena terribile al limite di una paralisi. Ho sentito diverse persone stamattina, ognuna ne aveva qualcuna tragica da raccontare; poi ho aperto facebook ed è scoppiato il mondo: la maschera della felicità, senza finalità, quella del paese dei balocchi dove tutto è allegro, ostentato, per puro piacere del rappresentarsi e mostrarsi nel pieno colore e dell’incoerenza.
Alcuni giorni fa è successo qualcosa di strano con il mio profilo: una ragazza dai capelli colorati mi ha richiesto l’amicizia, ma aveva qualcosa che mi ha insospettito fin da subito, così ho monitorato alcuni suoi comportamenti. Per via del blog, del lavoro, spesso mi contattano e accetto, stavolta qualcosa mi ha spinto a verificare. Ho scritto un messaggio, lei ha letto immediatamente, non ha risposto; sono passate 15 ore di silenzio, ho cancellato e bloccato l’utente. Sto facendo una grande ripulita dei miei contatti, ne ho eliminati circa 150, non reggo più tante cose. Potrei risultare eccessiva, ma come ho risposto a un mia conoscente sui motivi: non posso di certo fare la signora pettegola dei condomini che passa la scopa facendo finta di niente sulle cose che accadono, a un certo punto, bisogna stabilire un confine per la qualità della propria salute. Puo’ essere un pensiero non condiviso, esagerato, ma lo stato di friendzone è diventato troppo allargato, infarcito di schifezze, meglio restringere, avere a che fare con chi si muove in maniera utile e costruttiva. Ormai seguo solo scrittori, il resto è condizionamento gratuito del quale posso fare a meno.
Il collegamento con la ragazza dai capelli colorati di cui parlavo poco fa, invece, mi ha ispirato una riflessione l’altra sera mentre guardavo il telegiornale su Rai 1. Non sapevo del caso Gabriele Defilippi, della sua professoressa uccisa in piemonte (clicca); studiare il narcisismo, capirne le dinamiche, mi ha portato ad associare comportamenti disturbanti che si avvicinano o oltrepassano modalità malate di rapportarsi all’altro. Secondo le rilevazione degli inquirenti, il ragazzo possedeva molti contatti (fb) nei quali mostrava le sue mille sfaccettature; poliedrico e vanitoso, chiacchierava di tutte le cose; di quelle impossibili che pensava di voler fare, e che mai faceva, per oscurare una esistenza inesistente, annoiata, molto probabilmente spinta dall’ansia e dalla paura di non potere avere possibilità nella vita, per semplice paranoia, per convincere gli altri e spostarli nella sua rete e usarli a proprio piacimento. Giocava a fare il maledetto, fino quando non ci rimasto incastrato; un ruolo che lo ha fottuto per il suo futuro marchiandosi a vita di/con un crimine, per esibizionismo, per potere e soldi. Se non rispondi a questa triade nei tempi che corrono non sei nessuno, secondo alcuni, non vali niente.
Si parla troppo poco della megalomania narcisistica, i discorsi, tanti, tralasciati, poiché sembra che si debba sottovalutare a tutti i costi qualcosa che è reale e vicino a noi, fatti e situazioni che mai possono accadere nelle nostre vicinanze, nel nostro paese, pensare che l’assassino possa essere il nostro migliore confidente. Non so cosa stia succedendo, ma non mi va più di sottovalutare niente; non per paura, ma per senso di responsabilità verso la mia stessa vita. Essere vittime di un narcisista vuol dire avere che fare con una persona che assomiglia a un vampiro, uno zombie; colui che agisce è spesso un impostore che succhia la tua energia, si lamenta facendo la vittima e mentre compie piagnistei, e tu cerchi di farlo reagire, si insinua nella ferita profonda che hai, si infila e annida lì, rimanendo fino a quando non ti ha disintegrata, e in alcuni casi, condotta a una morte per suicidio. Queste persone sono dei grandi oratori, affabulatori, incantatori, dotati di grande carisma, invidiosi.
Io non so cosa abbia spinto una donna di cinquanta anni ad avvicinarsi a un ragazzino cosi eccentrico; forse la solitudine, il bisogno di essere amata, la semplice compassione, ognuno avrà il proprio motivo, ma sono condizioni che avvengono giornalmente anche tra coetanei, tra chi vive una profonda disperazione alla quale non riesce a mettere riparo. Penso a Olindo e Rosa Bazzi, alla strage di Erba o alle altre mille storie accadute negli ultimi anni e che hanno reso la cronaca nera oggetto perverso di comunicazione, ossessioni e compulsioni trasformate in patologia nascosta che conducono al compimento di crimini efferati.
Bisogna essere consapevoli, agire secondo la propria coscienza, ma occorre molto coraggio per farlo, avere tanta volontà, nel parlare, dire cosa si sta vivendo a persone strettamente vicine, per cercare aiuto e supporto.
Il video che trovate su questo link è molto duro, può aiutare a capire la disperazione e solitudine, ma sopportare una tale verità, raccontata così, non è facile, soprattutto se si è molto sensibili.
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