Lungi da me l’essere un grillino sconfitto e risentito in piena deriva negazionista. Il Partito Democratico ha vinto questa tornata elettorale, e di molto, ma quello che mi preme analizzare è cosa significhi questa vittoria. Di Matteo Renzi ho già detto cosa penso, e lo ribadisco anche dopo il suo trionfo, quello che mi sembra più interessante è cercare di andare oltre i risultati e leggerli con una visione non limitata al tifo da stadio, vero protagonista di queste elezioni europee.
I dati certi sono il trattarsi, appunto, di elezioni europee e che il PD ha preso il 40% dei consensi. Che che trattasse di mandare dei rappresentanti in Europa sembra non l’abbia capito nessuno, tranne Matteo Salvini che con una posizione becera ma costante ha impedito il tracollo di un partito senza più senso di esistere, con il risultato che l’Italia si trova ad avere un partito fortemente antieuropeista a base territoriale: ancora una volta il settentrione si trova ad essere la parte d’Italia più vicina all’Europa. Oltre al fallimento leghista ossia il riciclarsi diventando una sorta di Le Pen all’italiana, superando la dimensione padana (e paradossalmente proprio dalla “Padania” sono venuti gli unici voti per questo superamento) interessante notare che l’Italia era forse il paese meno a rischio di derive antieuropee, non essendo mai stato di fatto uno stato-nazione. Ed oggi il vero nemico dell’europeismo si chiama nazionalismo.
Proprio l’opposto di quello che ha detto Matteo Renzi, che ha dichiarato l’Italia essere il paese più a rischio antieuropeista, in una conferenza stampa post-vittoria dai toni onnipotenti. Oltre a non parlare di Europa Matteo Renzi sembra non capirne molto, in perfetta linea con il pensiero della Sinistra italiana che ha sempre evitato analisi globali e geopolitiche, per evitare di mettersi in discussione, preferendo invece concentrarsi su temi economici e legati al mondo del lavoro, anche grazie alla presenza di un sindacato onnipresente che proprio con Renzi è entrato apparentemente in rotta di collisione. In conferenza stampa Renzi è arrivato a dire che la futura legge elettorale permetterà a chi vince, non al partito che vince, di comandare. Con questa frase si può certificare la morte di una certa idea di sinistra, e la conferma di un PD sempre più in ottica di suicidio assistito. Renzi ha vinto proprio per non avere parlato d’Europa, puntando invece su aspetti caratteristici del popolo italiano, ossia la delega al leader, certo sempre finché convenga, ma quest’ultimo aspetto forse lo si dimentica spesso.
Tuttavia Renzi ha sbagliato i tempi di scena. Troppo preso dalla sua voglia di vincere ha giocato la carta del “ci metto la faccia” per vincere delle elezioni assolutamente sentite come lontane, in Italia l’Europa è sempre stata lontana. Se fosse stato meno avido di gloria, ossia veramente democristiano, avrebbe lasciato scorrere questa tornata elettorale (quando mai il voto europeo ha contato qualcosa) per puntare su elezioni politiche o amministrative. Ora Renzi ha preso il 40% dei voti ma senza poter cambiare gli equilibri politici del paese, a meno di crisi e rotture non prive di gravi conseguenze. In più ha impresso una brusca accelerata alla sua stessa azione di governo. Un voto di queste proporzioni significa che gli italiani gli hanno dato un mandato, ma anche che ora è davvero sotto osservazione e deve mantenere le sue mille promesse. La pacata arroganza di Renzi rischia di condurre lui e l’Italia al caos.
Matteo Renzi ha finalmente preso gli elettori, ed il posto, di Berlusconi. Del fu Silvio (incredibilmente, per un paese “normale”, ancora al 15%) rischia di prenderne il posto in tutti i sensi visto che le prime dichiarazioni del leader del PD sono state quasi una minaccia ad Angela Merkel affinché le regole vengano cambiate. A ben guardare in un paese come l’Italia, dove il nazionalismo non ha mai attecchito, il sentimento antieuropeista – uscito da una campagna elettorale condotta su tematiche quasi esclusivamente italiane – potrebbe benissimo essere interpretato da una sinistra sempre più classe media ed americanizzante (il totale menefreghismo per il tasso di astensioni sembra dimostrarlo). In Italia il referente degli Stati Uniti non era certo Berlusconi, il che fa pensare. La politica tedesca in Europa ha molti interessi comuni con la Russia di Putin, il grosso rischio è che chi si dica europeista, specie a sinistra, abbia in mente un’Europa ancora peggiore dell’attuale.
Proprio la Russia ha siglato di recente un accordo energetico con la Cina. Questo settore di estrema importanza, visto il ruolo geopolitico dell’Italia, non è stato minimamente preso in considerazione durante la campagna elettorale, così come tutti gli altri temi importanti per l’Europa, a partire del fenomeno migratorio. I problemi esistono e forse il pregio che hanno i veri partiti antieuropeisti, Lega Nord inclusa, consiste nel metterli in luce. Poi si troveranno risposte ma almeno le questioni sono “sul piatto”, in Italia no. Nel nostro paese l’ottimismo ipocrita e anche un po’ viscido della sinistra impersonata da Matteo Renzi impedisce di affrontare tali problemi, in più vengono negati e bollati come “non amanti” dell’Italia chi invece li denuncia; altro elemento profondamente figlio del berlusconismo.
Grillo ha tentato di fare un gioco di alta scuola politica non essendo un politico. Ha creduto di utilizzare delle elezioni come quelle europee per andare a cambiare gli equilibri interni del paese, prendendo invece una sonora batosta. Ma forse chi ha davvero vinto queste elezioni è lui. Di fronte ad un PD che verrà spazzato via da Renzi e dal peso di un 40% di consensi, il Movimento 5 stelle ha l’occasione di prendere una pausa, cosa impossibile senza un evento esterno come appunto una sconfitta. I grillini sono infatti giovani, come tutti i giovani affetti da iperattivismo, ed ora sono invece obbligati a riflettere invece di fare e parlare. Il movimento di Grillo adesso può tirare delle somme, operando una selezione darwiniana interna che vedrà l’abbandono dei “saltatori sui carri”, dei “modaioli” e di moltri altri pessimi elementi. Le strade possibili sono diverse: dal diventare una forza di opposizione in una democrazia bloccata al formarsi di un movimento eversivo, e molte altre.
In ogni caso nel movimento 5 stelle c’è energia in circolo, ed il video messaggio in cui Grillo dichiara la sconfitta lo dimostra. Un partito come il PD non sarebbe mai riuscito a fare autocritica in questo modo, anzi la vittoria di Renzi rischia di fermare qualunque riflessione interna fosse in corso, con il risultato che tutte le correnti del partito vedano sempre più in Renzi la persona cui delegare la composizione delle fratture, ed il rischio di autoritarismo – soprattutto in un ambiente burocratico come quello del PD – con Matteo Renzi sembra essere davvero molto forte.
In definitiva mentre i sostenitori del PD festeggiano questo 40% fosse uno scudetto atteso da una vita, non si accorgono che forse hanno perso. Ancora una volta…
Fonte immagine Wikicommon