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Bisogni primari

Creato il 21 giugno 2011 da Autodafe

di Giordano Boscolo

Bisogna far attenzione a non forzare troppo il parallelismo tra l’esito dell’ultimo referendum e le prospettive della piccola editoria, altrimenti si rischia di fare una fotografia sfuocata della situazione.
Innanzitutto, non è facilmente dimostrabile che il raggiungimento del quorum e la vittoria plebiscitaria dei “sì” siano dovuti alla encomiabile attività dei movimenti, organizzazioni e comitati che si sono impegnati a raccogliere le firme e a fare opera di informazione al di fuori dei canali istituzionali. In altre parole, è ragionevole supporre che il risultato sarebbe stato quasi lo stesso anche se l’intervento dei suddetti movimenti, organizzazioni e comitati fosse stato meno massiccio? Molto probabilmente sì, per le seguenti ragioni: 1) pochi mesi fa si è verificato un incidente nucleare di 7° livello che ha scosso l’opinione pubblica mondiale, costringendo alcune nazioni a rivedere le proprie politiche energetiche nel medio/lungo periodo, e ridestando lo spettro di Chernobyl, latente nel nostro immaginario dal 1986; 2) uno dei quesiti referendari aveva per oggetto un bene (l’acqua) che è eufemistico definire primario. L’acqua, così come l’ossigeno, è qualcosa di più di un semplice bene primario, e questo i cittadini, in quanto organismi viventi, lo percepiscono istintivamente; 3) il comportamento del nostro presidente del consiglio ha superato da un pezzo il limite considerato sopportabile anche dai più cinici e disillusi tra gli elettori, e la sua pretesa di impunità ha costituito la classica goccia che….

Bisogni primari

Riassumendo, la forza propulsiva che ci ha spinti in massa alle urne è stata la risultante di fattori che avevano a che fare con la paura, quasi metafisica, della minaccia radioattiva, con la difesa istintiva di un bene indissolubilmente legato alla vita, e con l’insofferenza verso uno “statista” che da troppo tempo ormai si ostina a farla fuori dal vaso. Si potrebbe quasi dire che per una volta è stata una questione di vita/morte/rabbia.
Ora, vorrei sapere quali potrebbero essere le corrispondenti forze propulsive in grado di smuovere la massa dei lettori verso prodotti editoriali alternativi a quelli proposti e imposti dai grandi gruppi, tenendo conto che la quantità di libri reperibili in una qualunque libreria è talmente enorme che è quasi impossibile non trovare qualcosa che vada incontro ai nostri gusti, per quanto sofisticati essi siano.
Ricordiamoci che la lettura non viene istintivamente percepita come bene primario (il fatto che in realtà lo sia è un altro discorso), né la graduale scomparsa delle piccole librerie di quartiere viene percepita come una minaccia, visto che la gente adora i centri commerciali (librerie come Feltrinelli, Mondadori o Fnac sono, di fatto,  dei centri commerciali). Forse la preponderanza di alcuni gruppi editoriali “monstre” può fare arrabbiare qualcuno tra i lettori più accorti (soprattutto perché è collegata al punto 3) della lista che ho fatto sopra), ma si tratta pur sempre di una minoranza.
Che fare, quindi?
Ammettiamo pure che i comitati, i movimenti e le organizzazioni di cui sopra, abbiano davvero giocato un ruolo fondamentale nella buona riuscita del referendum; non è un’ipotesi peregrina, pur non essendo dimostrabile in modo incontrovertibile. A questo punto, ancora una volta, dobbiamo chiederci quale potrebbe essere il loro corrispettivo nel nostro caso. Ad esempio: esiste una rivista, un portale, o un sito internet che raccolga informazioni dedicate esclusivamente alla piccola editoria e sia in grado di diffonderle a una massa critica di persone?
Per quanto mi riguarda, le uniche cose che sono riuscito a trovare facilmente in internet digitando “piccola editoria” sul motore di ricerca di google sono i due seguenti portali: uno che si chiama “Letteralmente – il portale della piccola editoria”, e un altro dallo strano nome di “OzBlogOz”. Devo dire che nessuno dei due mi sembra un granché.
Chi gestisce questi portali? di chi si fanno portavoce? tutti i piccoli editori sanno della loro esistenza e possono utilizzarli come veicolo pubblicitario? Quanti sono i lettori che li frequentano?
Magari esiste qualche altro luogo (cartaceo o virtuale) dedicato alla piccola editoria, e in questo caso, se qualcuno di voi ne è a conoscenza, è il caso di dirlo qui.
Un’altra domanda interessante è: una volta che si è riusciti a individuare un luogo per la piccola editoria, come sarà possibile districarsi nel mare magnum di libri disponibili? Sarà necessaria una selezione? e chi sarà preposto a farla?
Sia chiaro che tutte queste considerazioni e domande, non retoriche, le ho fatte per avere delle risposte concrete (se ce ne sono) e non per scoraggiare chi si impegna con coraggio e dedizione nella piccola editoria; mondo di cui, con orgoglio, faccio parte anch’io.


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