Da che la narrativa esiste, l'uomo ha sempre cercato di rispondere a tutti i quesiti che non riusciva a spiegarsi coi propri mezzi. E' nata così la mitologia e si è evoluta fino a che non si è spogliata del suo status divino, divenendo storia o intrattenimento. Quando però i mezzi scientifici erano tali da non riporre più fiducia in quei racconti fantastici, cos'altro rimaneva che l'uomo non riusciva a spiegarsi? Ovviamente l'amore. L'amor che move 'l sole e le altre stelle, come scrisse Dante, che per amore di una donna scrisse addirittura uno dei libri più letti e citati del mondo. Ma anche qui ci sono diversi tipi di amore, perché ognuno intende l'amore alla propria maniera e ognuno quindi ha un suo modo di raccontarlo. L'amore è anche il sentimento più abusato di tutti (e, come direbbe Groucho di Dylan Dog, amo è la parola più pericolosa per l'uomo e per il pesce) quindi da origine anche ai racconti più scontati, perché come si può non dire qualcosa di ovvio di un tema di cui si parla dall'alba dei tempi? Perché effettivamente tutte le storie, sotto sotto, parlano d'amore. E lo stesso scriverle e idearle è un atto di amore verso la propria materia, che sia cinema, letteratura o musica. E i coreani sembrano proprio amare il loro cinema, perché pellicole belle come quelle che provengono dai loro confini raramente mi è capitato di vederne. E quando come, in questo caso, parlano d'amore, il risultato è davvero curioso. Anche perché l'amore è solo un contesto in un contorno che fa presagire tutt'altro.
Sun-woo è il giovane direttore di un albergo di lusso e, al contempo, braccio destro del boss mafioso Kang. Un giorno quest'ultimo gli dà il compito di vigilare sulla sua giovane fidanzata, forse infedele. Sun-woo finisce per innamorarsi della ragazze e, quando scopre la sua natura fedifraga, nasconderà il tutto al capo. Kang però viene a conoscenza della cosa e così viene a formarsi una rocambolesca faida fra lui e il suo braccio destro.
Una delle cose più importanti quando si racconta qualcosa (sia esso un film, un libro o un fumetto) non è tanto cosa racconti, ma come. L'esempio più lampante che uso di solito è quello fra Drive e un qualsiasi Fast and furious, oppure fra Pacific rim o Transformers. Un po' come sentire una barzelletta raccontata da Gino Bramieri o da Paolo Ruffini, per essere più pane e salame. Alla fine è il narratore a decretare il giusto andamento di una storia, non ci sono santi che tengano. E la stessa cosa accade, per certi versi, con questo Bittersweet life. Perché va proprio ammesso che la trama non è proprio una delle più originali che siano mai state fatte, anzi, la mente va subito a un altro paio di film che hanno un'antefatto simile. Eppure non si può negare che, nonostante la prevedibilità del tutto, questo è un film che colpisce. E lo fa grazie al già collaudatissimo supporto estetico che solo i coreani sembrano avere [ma saranno gli occhi a mandorla a dare tutto quel gusto visivo?] oltre che al messaggio di cui si fa portavoce. E tale messaggio lo da Kim Jee-woon, un po' il fratellino di mezzo del cinema coreano, perché nonostante ci abbia donato un semi-capolavoro come I saw the Devil pochi lo considerano, e viene considerato ancora meno da che la sua trasferta stellestrisce ci ha donato il non indimenticabilissimo (ma a mio parere comunque godibile) The last stand. Qui però ha modo di sbizzarrirsi e, pur leggermente osteggiato da una trama che non brilla di originalità, fa valere tutto il suo talento con delle sequenze di pura bellezza. La fotografia è patinatissima e dona un'eleganza davvero magistrale all'intera pellicola, che in certi momenti sembra vivere proprio di questa raffinatezza formale. Ecco quindi che a tradimento viene messo anche un messaggio non indifferente, annunciato da quella voce narrante che parla sull'immagine in bianco e nero delle fronde di due alberi mossi dal vento. Nonostante le scazzottate e gli ambenti corrotti, questo è un film che parla di amore, ma non sono dell'amore platonico e idealizzato, ma dell'amore inteso come forza che riesce a smuovere anche il più irrefrenabile dei cuori. Sun-woo non può proprio dirsi felice della propria esistenza, che trascorre sempre uguale e senza alcuna emozione, tranne che per la rabbia, ed è proprio questo amore proibito che per certi versi arriva a farlo vivere, smuovendo veramente 'l sole e le altre stelle che prima invece erano oscurate dai leffi della borghesia criminale che frequentava. Alcuni potrebbero obiettare che il vero tema conduttore è la vendetta (e qui ci sarebbe da fare delle belle ricerche per capire come mai la vendetta è così importante per i coreani) ma mi tocca smentirlo con arroganza. Pure la vendetta, in questo caso, è un viatico per raggiungere quell'ideale d'amore negato, perché tutto da quello nasce e tutto a esso conduce. E lo fa attraverso sparatorie e spargimenti di sangue mai troppo cartooneschi, che hanno la predominanza, senza però far finire il film come uno splatter da quattro soldi. Ma cosa rimane alla fine? Rimane un finale ambiguo che rischia di trasformarsi in un mero esercizio di stile e che proprio per questo lascia un senso di vaghezza e inconcludenza. Ma è anche questo il suo bello, per certi versi, proprio il non portare d anesusna parte, solo nelle zone che interessano. Perché forse quello che rimane alla fine è proprio poco, a conti fatti. Addirittura nulla. Ma c'è però la concezione di essere cambiati, che proprio quell'amore, così doloroso e che ci ha fatto attraversare mille intemperie, ci ha resi quello che siamo. D'altronde una persona diventa tale proprio grazie a tutte le sofferenze che ha passato e che l'hanno formato. E pure l'amore sa essere una sofferenza, alle volte, ma una sofferenza che vale la pena di essere vissuta.
Film bello, delicato e per palati fini. Anche se una volta che sopraggiungono i titoli di coda si ha la sensazione dello shakespeariano tanto rumore per nulla. Voto: ★★★