Blachat

Creato il 19 maggio 2015 da Ussy77 @xunpugnodifilm

Il virus infetta anche la regia di Mann

Pellicola che segna il ritorno al thriller action da parte di Michael Mann, Blackhat esibisce un linguaggio, che difficilmente abbraccia una larga fetta di pubblico, e una vicenda che fatica a innalzare il livello di tensione. Difatti in Blackhat, Mann non sembra in grado di gestire a dovere il ritmo filmico, che per farsi palpitante necessita di un importante giro di vite.

C’è un attacco informatico dietro l’inaspettata esplosione di una centrale nucleare a Hong Kong e l’innalzamento di alcuni titoli alla borsa di Chicago. I governi americano e cinese, con una certa riluttanza, devono collaborare e in loro aiuto giungerà un hacker scarcerato per l’occasione.

Mann torna dopo 6 anni dietro la macchina da presa (l’ultimo prodotto era quel biopic su Dillinger, che ne sviscerava principalmente il lato umano, piuttosto che quello criminale) e realizza un film che necessita un’attenzione elevata da parte dello spettatore, non tanto per il complicato intreccio narrativo, ma per  il linguaggio che imperversa durante il film. Malware, firewall e proxy sono i termini che caratterizzano Blackhat, che, onde evitare la fuga dello spettatore a causa di troppa tecnologia e codici binari, viene contrappuntato da una storia d’amore e diverse sequenze da “sparatutto”.

Thriller metropolitano che mette a nudo la paura invisibile del cybercriminale, Blackhat si fa riconoscere perché lo stile del regista, che predilige i toni freddi e una macchina da presa che insegue i personaggi, rimane sempre lo stesso: quello del maestro di genere, colui che con mestiere riesce a coinvolgere lo spettatore. Ciò però non accade in Blackhat, un film che non riesce a innalzare la tensione e che si arena troppo frequentemente su pause narrative che rasentano la noia. Sicuramente Blackhat è così costruito per poter assaporare le pause e permettere allo spettatore di ritrovare la bussola e mettere insieme i pezzi del puzzle. Eppure la scelta di Mann non è del tutto condivisibile, perché lontana dall’attuale concetto di thriller, che deve sostenere un ritmo elevato o proporre dei personaggi delineati in modo chiaro e che suscitino il coinvolgimento del pubblico. Purtroppo Mann non si concentra debitamente sui caratteri dei personaggi, tra i quali il protagonista (un hacker che si mette a disposizione dell’FBI per rintracciare il delinquente che ha attaccato una centrale nucleare in Cina e fatto salire le quotazioni della soia in borsa, utilizzando un suo vecchio codice), in cerca di un riscatto personale, è il più a fuoco.

Blackhat ostenta un Mann d’annata, ma non colpisce eccessivamente per sviluppo e intreccio della trama. Un lieto ritorno, ma non così interessante; le aspettative erano altre.

Uscita al cinema: 12 marzo 2015

Voto: **


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