Questo live report voglio scriverlo col cuore e non con la testa: con i Belle and Sebastian ho fatto un casino, scrivendo come se la band di Stuart Murdoch non mi avesse lasciato nulla (in realtà ho ancora le farfalle nello stomaco e sono ancora lì a Cesena a saltellare e a sospirare).
Stasera niente sospiri, magari si parla di fiatone, sudore e di salti che se li avessi fatti quando giocavo alla volley, forse, non sarei qui a scrivere di questi dannati Black Lips.
L’unica data italiana di questi quattro pazzi-fottuti, capitanati da Cole Alexander, è al Hana-Bi di Marina di Ravenna, in questo 5 agosto che segna l’inizio dell’estate (o quasi).
Questa sera, al locale di Viale delle Nazioni, siamo in tanti, siamo carichissimi e vogliamo sbroccare insieme ai Black Lips.
Mi posiziono al lato palco, ma ci sono troppe coppiette e non si sente niente; si va verso il centro, ma c’è troppa gente alta e non si vede niente; infine, eccola lì, quella bella postazione alta di fianco ai dj e dove si vede e si sente più o meno decentemente: mi scateno lì, anche se avrei preferito godermi il concerto in mezzo al delirio.
L’atmosfera è bella calda e tra gruppo e pubblico c’è una complicità strepitosa: quelli sul palco fanno un casino incredibile e il live comprende insulti al tecnico del suono e Joe Bradley che si ammazza e -quasi- sbocca sulla batteria (era di un colorito tra il viola-blu); quelli del pubblico, invece, urlano, stonano, ondeggiano per aria, sudano e si riempiono di lividi sbattendo contro le transenne (che-cazzo-ci-fanno-le-transenne-al-hana-bi-?).
Il concerto parte in quinta con “Family Tree”, ma quando arriva “Drive By Buddy” si inizia a “volare” per aria, fregando tutte le zanzare-insetti vari che puntavano alle gambe degli spettatori.
Il live prosegue con “Boys in the Wood”, “Sea of Blasphemy” e “Drugs”, delle tracce spietate che sottolineano l’aspetto trasandato dei quattro: ci è mancato poco alla sboccata di gruppo sul palco, ma anche questo aspetto fa parte della scenografia dei ragazzacci – Black Lips.
Nella setlist non mancano di certo l’inno “O Katrina!”, “Hippie, Hippie, Hoorah” e, per il gran finale, “Bad Kids”, quando le transenne smettono di essere un problema e si passa all’invasione di palco.
Tra qualche piccolo dettaglio di Blues-rock, tanti riferimenti al Punk americano e una buona dose di Garage, i Black Lips trasformano il concerto in un vero e proprio party: si respira quell’atmosfera di festa in cui non ci si contiene e dalla quale si esce davvero malconci. Questa volta, però, avere i postumi sarà bellissimo, del resto fa tutto parte del pacchetto Black Lips.