
Il ritorno di una delle penne più graffianti della serialità britannica portava con sé aspettative altissime e anche una buona dose di incertezza: parliamo di Charlie Brooker, che con la prima stagione di Black Mirror era riuscito a concentrare in soli 3 episodi tutto il disordine e l'angoscia di un mondo colpevole di aver venduto la sua anima alla tecnologia, facendolo salire sul banco degli imputati e mettendolo alla prova con quadri più o meno distopici ma decisamente plausibili.
Dopo averci sbattuto in faccia lo spietato rapporto fra mass media e opinione pubblica in the National Anthem, l'ossessione per i talent show e la schiavitù della realtà virtuale in 15 million merits e quella per la condivisione della propria esistenza sulla pubblica piazza dei social network con The entire history of you, per la sua seconda stagione Black Mirror ci mette alla prova con 3 nuovi episodi che sono delle autentiche coltellate al cuore, ma che impegnati a fare la voce grossa inciampano in un tono eccessivamente grottesco e meno coerente rispetto ai precedenti, per quanto egualmente terrorizzante.

In un ideale e tragico prosieguo di The entire history of you, con Be Right Back Brooker porta l'atto d'accusa contro le preziose e insieme spaventose opportunità di comunicazione odierne su un piano ancora più estremo e spaventosamente creepy: nel dibattito si inserisce anche un'amarissima riflessione sull'elaborazione del lutto e sulla maggiore difficoltà di andare avanti per coloro che vivono nell'era di internet, privi del diritto di mettere per sempre i ricordi in soffitta sotto forma di vecchie foto e costretti a doversi costantemente confrontare con scomodi clone virtuali, destinati a vivere per sempre nella memoria della rete. L'episodio migliore della nuova terzina, grazie soprattutto alle ottime performance di una disperata Hayley Hatwell (I pilastri della Terra, Captain America) e di un inquietantissimo Domhnall Gleeson(Harry Potter, Anna Karenina).

Le emozioni provocate da White Bear sono contrastanti e lo spettatore rimane interdetto fra l'incredulità e lo sconcerto: l'intensità della messa in scena si sovraccarica fino a sconfinare nel grottesco e il pugno allo stomaco è incredibilmente potente ma stavolta digerire i numerosi ingredienti della confezione, dal problema di una giustizia che si serve della spettacolarizzazione della pena per realizzare una vendetta collettiva unito al morboso compiacimento di un pubblico pagante, diventa più difficile che assorbirne il significato.

Giocando con le ombre di una trama fantapolitica, Charlie Brooker probabilmente non poteva immaginare di stare esplorando un territorio meno inverosimile del solito, dato che è praticamente impossibile non accostare la figura di Waldo a quella di un comico italiano di cui non facciamo il nome ( ovvio per chiunque abbia seguito le ultime sgangherate elezioni e la campagna elettorale che le ha precedute) che ha fatto della critica senza quartiere la linfa del suo movimento; anche se non è questa la sede per entrare nel merito della piaghe della politica italiana, il nostro scenario attuale è la prova di come l'azzardo contenuto nei testi di Brooker sia sempre spaventosamente possibile e di come il passo dalla distopia all'attualità sia molto più breve di quanto si creda: peccato che l'episodio sia rovinato da un finale apocalittico eccessivo che guasta irrimediabilmente l'inquietante senso di verosimiglianza acquisito in precedenza.
Trasmessa finalmente in Italia lo scorso 19 marzo da Sky Cinema nell'arco di un'unica serata, La seconda stagione di Black Mirror propone incubi ancor più violenti di quelli già portati avanti dalla precedente, ma premendo eccessivamente l'acceleratore sulla caricatura non riesce ad essere altrettanto efficace: il miglior episodio, più temperato per atmosfere e tempistiche ma di certo non meno oscuro, resta Be Right Back.