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Il problema non è cercare di presentare Black Mirror ai suoi spettatori, che pure se non l’hanno mai visto né sentito nominare, quasi ci si ritrovano dentro ogni giorno, nello specchio oscuro, quello della deriva distopica tecnologica ai danni delle nostre esistenze; bensì quello di spiegarlo a chi internet se la lascia scorrere accanto, guardandola come fosse un fiume d’informazioni strano e spaventoso, che emana vapori malsani, rifiutandola di capirla a priori, opponendosi strenuamente a entrarci.
Perché Black Mirror, per noi che in internet ci viviamo, per quelli tra noi che guardano le cose col cervellino ben attivo, è fin troppo familiare, talmente tanto da divenire in alcuni punti disturbante.
Per cui, senza girarci troppo intorno, ci troviamo di fronte all’ennesima serie capolavoro britannica. Miniserie, a dire il vero.
E, come fu per Survivors, ancora una volta gli autori sfruttano temi e tecnologia moderna per spostarla solo qualche anno più in là, e mostrarci la nostra quotidianità.
Perché di vita quotidiana si tratta, in tutti e tre gli episodi, persino il primo, che vanta tra i protagonisti una Principessa, Susannah, il Primo Ministro inglese, con l’aspetto tipico dei primi ministri, e una scrofa. Sì, rosa, puzzolente e del peso approssimativo di più di un quintale.
Futuro distopico, che poi, a mio modesto parere di blogger, è quello cui stiamo spianando la strada a furia di farci condizionare l’esistenza da piccole cazzate che con noi non hanno niente a che fare.
A dir la verità, non sono temi nuovi, tutti e tre (per i tre episodi) sono stati già pensati, scritti e girati in altri celebri prodotti.
Ma, due cose depongono a favore di Black Mirror:
a) è vero, stiamo dirigendoci verso una distopia digitale. E io ne sono felice. Adoro il futuro distopico (ma di questa mia follia ne parliamo un’altra volta, ok?).
b) la variazione sul tema. Sensata, non banale, in certi casi estrema, ma sempre elegante.
Passiamo a analizzare i singoli episodi.
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***
The National Anthem
[contiene anticipazioni]
È il primo, quello della Principessa rapita da uno psicopatico e del Primo Ministro. Come detto, anche qui c’è la quotidianità.
Il Primo Ministro viene ricattato: o fa sesso con un maiale in diretta tv, senza trucchi, oppure il rapitore ucciderà la giovane principessa.
Quotidianità perché, a cominciare dal video girato dal sequestratore e piazzato su youtube, sono menzionati tutti i social network attuali, e dico menzionati sul serio, senza tanti complimenti, coi loro nomi, e tutti concorrono al clima di follia e incredulità dell’episodio.
Follia e incredulità per chi internet non la vive.
Per chi c’è dentro, si tratta di normalità.
Credete che esageri? Andiamo, fatevi un giro su Youtube e leggete i commenti a un qualunque video. Fatevi un giro su twitter, o su facebook, e guardatevi intorno. Il mondo è già così, saccente, intollerante, guardone, sempre pronto a infilarsi virtualmente nelle mutande altrui e, quel che è peggio, prontissimo a fare la morale a chiunque.
E cosa sogna di più, l’utente medio di internet, frustrato, fallito professionalmente e desideroso di riscatto sociale? Vedere un potente umiliato. Nella fattispecie, il Primo Ministro inglese. Un appartenente al vecchio mondo, uno che vent’anni fa non sarebbe mai stato possibile ricattare in questo modo.
Ma può davvero essere chiunque, oltre che il Primo Ministro inglese, il Papa, uno dei nostri politici, il Presidente americano, quello cinese. Chiunque.
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Due cose sono evidenti, la mutazione del terrorismo, che della politica ormai se ne sbatte le palle, anche quello è quasi estinto, e l’affidarsi stesso del governo in questione (quello del telefilm) all’opinione pubblica, il peso della quale trascende il buon senso e spinge alla follia, pur di conservare posto di lavoro e potere. Un potere che, in verità, è mera illusione.
Dapprima consideravo debole l’intreccio, o le motivazioni alla base dell’intero episodio e da un certo punto di vista, le trovo ancora tali. Per fare un esempio, secondo me non basta tagliare il dito a una principessa perché l’opinione pubblica, fino a quel momento favorevole, di colpo si schieri contro il Primo Ministro, occorreva un tipo di minaccia più sostanzioso. Dal punto di vista narrativo una tortura e più sangue sarebbero stati sufficienti, oltre che esteticamente appropriati: mi riferisco a certe scale cromatiche. Stiamo pur parlando di un prodotto estetico.
Ma comunque, il messaggio è ben altro: i social network che, a differenza degli organi di stampa, trascendono qualsiasi forma di controllo e censura statale, e la cui opinione, che poi è quella di centinaia di milioni di utenti, è il vero potere di fronte al quale, i piccoli uomini che fingono di tenerlo stretto, non possono far altro che inscenare una parodia di loro stessi. Il Primo Ministro che si scopa il porco facendolo passare per sacrificio per un fine più grande (la salvezza della principessa) è la summa del teatro dell’assurdo. E anche allora, mentre ci si prepara psicologicamente e chimicamente all’atto, assumendo buoni consigli da parte dello staff e la pillolina blu, si ascolta il mass-mediologo, o meglio, la sua opinione che avverte: finire troppo presto potrebbe essere interpretato dal pubblico come vero godimento.
Quel che conta è il messaggio che si vuol mandare…
(continua)
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