Magazine Cinema

Black Sea

Creato il 18 maggio 2015 da Eva Gatti @avadesordre


BlackSea Il capitano di un sottomarino, licenziato dalla società per cui lavora, viene coinvolto da un altro marittimo che ha perso il lavoro in un progetto al limite della legalità: scendere nel Mar Nero alla ricerca di un U-boot affondato durante la Seconda Guerra Mondiale con un a bordo un carico d'oro che doveva garantire un accordo di pace tra la Russia di Stalin e la Germania nazista..

Le pellicole di sottomarini hanno sempre per sfondo la guerra, vera (Destinazione Tokio) o fittizia (Caccia a Ottobre Rosso), questa volta si tratta di una sporca dozzina di marittimi licenziati in tronco che combattono la crisi a modo loro, senza sapere di esserne vittime per l'ennesima volta, manipolati dalla stessa società che ha tolto loro il lavoro.
Il film si divide in tre parti con stili ed esiti piuttosto diversi: la formazione del gruppo con un tono piuttosto scanzonato che culmina nella presentazione della rugginosa bagnarola russa che dovrà accoglierli, talmente vintage da non esser neppure un sottomarino a propulsione nucleare.
Da questo punto il tono cambia e si inabissa nel luogo comune: dai tempi di Armageddon - Giudizio finale la tecnologia russa è sempre obsoleta e basta assestare un buon colpo per metterla in moto, astronavi o sottomarini che siano.
Come in tutti i film di sottomarini, il mezzo finisce per incagliarsi pencolando pericolosamente su uno sprofondo, in un modo o in un altro si allaga costringendo l'equipaggio a rifugiarsi in una piccola porzione dello scafo con le paratie stagne che gocciolano; quel che manca nel film, oltre al bip del sonar, è il senso di claustrofobia insito nel mezzo, sacrificato alla necessità (questa sì interessante) di mostrare gli scontri tra le due parti dell'equipaggio: per gli inglesi non è giusto dividere a metà il bottino con i russi perché il potere d'acquisto che questi ne ricaveranno sarà superiore al loro, l'avidità non porterà nulla di buono per nessuno, tanto meno per il comandante a cui è dedicata un'ultima parte di redenzione un po' melensa scandita dai ricordi della vita familiare sacrificata per il lavoro.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines