BLACK SEA: quanto siete disposti a rischiare per diventare infinitamente ricchi?

Creato il 16 aprile 2015 da Masedomani @ma_se_domani

Il capitano Robinson è infuriato: dopo una vita dedicata ai sommergibili, prima al servizio della Marina, poi lavorando per una società privata, oggi viene stritolato e buttato via in nome della crisi e delle nuove leggi di mercato. Robinson che è un brav’uomo e che ha sacrificato tutto per il lavoro che amava, si sente violato, dimenticato e molto, molto, arrabbiato e, dato che non ha più nulla da perdere, è disposto a tutto.

Una volta al pub con gli amici/ compagni di sventura la lingua si scoglie, emergono aneddoti e soprattutto quasi magicamente un piano perfetto per riscattarsi dai troppi soprusi. Con altrettanta facilità, un investitore dai gusti impeccabili è pronto a finanziare la folle impresa. Il gioco è fatto, in men che non si dica la squadra giusta è formata e il gruppo parte per la missione di una vita. La dozzina di lupi di mare salpa alla volta delle ostili acque di Crimea. Tutti hanno vasta esperienza, tutti sono coscienti di rischiare la pelle, ma solo all’ultimo minuto vengono messi al corrente che diventeranno ricchi esclusivamente se riusciranno a recuperare un prezioso carico, abbandonato in fondo al mare durante l’ultima guerra.

Photo: courtesy of Notorious Pictures

Il riscatto sociale è un piatto che risveglia la golosità e il profumo dei soldi può in alcuni casi acciecare, è inevitabile quindi che presto arrivino i guai. Peccato che l’allegra brigata, ogni minuto più sospettosa, sia intrappolata in un sottomarino malmesso che naviga, in incognito, in acque pericolose. La claustrofobia, il caldo e il sentore dell’imminente catastrofe annebbiano quindi le menti dei protagonisti e rapiscono lo spettatore. Robinson si ritrova ad assumere comportamenti dittatoriali per tenere i suoi sottoposti a bada ed evitare l’ammutinamento mentre in sala si fa largo il sospetto che questa precauzione non sia sufficiente a farli tornare a casa incolumi, con le loro gambe.

Il film diretto dal premio Oscar® Kevin MacDonald è il classico thriller, super-claustrofobico, in cui lo scarso spazio vitale, l’assenza di finestre, e la barriera linguistico-culturale, provocherà una serie interminabile di situazioni sfortunate che metteranno a rischio la spedizione degli impavidi uomini. Come nelle corde del regista, viene mostrato un campionario di varia umanità, persone con la psiche sotto stress mentre subiscono, elaborano, talvolta crollano, in alcuni casi diventano folli in altri s’immolano. In “Black Sea” non manca nulla: l’eroe e la vittima, l’egoista che sfida il generoso, il giovane disattento al fianco del vecchio saggio, il violento che affronta il buono e molto – molto – altro.

Photo: courtesy of Notorious Pictures

Se sentite profumo di “Caccia a Ottobre Rosso”, non avete tutti i torti, anche se qui la partenza e il punto di arrivo sono differenti e il cast dista anni luce. Ciò nonostante, la trama ha tutti i requisiti di un buon giallo e, qualora foste adusi al genere, i vostri animi saranno appagati da colpetti di scena in grado di tenere alta l’attenzione sino ai titoli di coda.

Protagonista di quest’avventura è Jude Law. Al suo fianco molti noti caratteristi (tra i migliori) e un gruppo di ottimi attori russi. Un cast, quindi, che non era – realmente – in grado di capirsi senza l’aiuto di un interprete. Escamotage che ha permesso al film di funzionare.

“Black Sea” non è stratosferico, ma è ben fatto, sa intrattenere e incontra il favore sia degli amanti di opere c.d. old school sia dei più giovani. Law non è perfetto (con una spalla forte, il risultato poteva essere più incisivo) ma apprezziamo la dedizione con cui affronta ogni volta i nuovi personaggi. Promosso.

Vissia Menza


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