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La trama (con parole mie): Tilikum, un maschio di orca tenuto in cattività fin dalla tenera età, è tristemente noto ai media per avere causato la morte di tre persone: un visitatore abusivo della sua vasca e due addestratrici, una delle quali molto esperta.
Di proprietà della catena di Sea World, il gigantesco mammifero - il più grande esemplare di orca cresciuto in mano all'Uomo - continua ancora oggi ad esibirsi nonostante le numerose cause intentate in modo da poter ottenere la sua liberazione in mare aperto, lasciando così che riesca, almeno nella parte finale della sua esistenza, ad assaporare non solo la possibilità di uno spazio sconfinato all'interno del quale muoversi, ma anche l'esperienza di una vita sociale che questi incredibili esseri del mare sviluppano grazie ad un'intelligenza emotiva superiore anche a quella umana.
Ricordo quando, qualche anno fa, esplose una polemica proprio su queste pagine a proposito di specismo ed antispecismo, che mi portò a stroncare felicemente una delle sòle più incredibili che mi sia mai capitato di incontrare da appassionato di documentari, Earthlings.
Del resto, io sono sempre stato un fiero carnivoro - anche se, in realtà, mangio felicemente dal primo al dolce ad ogni pasto, con tanto di alcool in chiusura -, sono convinto che, fossimo in un'altra epoca, caccerei senza problemi per rimediare il cibo, trovo del fascino nel concetto - quello iniziale ed hemingwayano - di corrida, e se fossi stato tra i sopravvissuti di Alive avrei iniziato a pasteggiare con i cadaveri delle vittime già dal primo giorno per tentare di trovare le forze per andare avanti in quelle condizioni estreme.
Dunque, non mi definirei troppo impressionabile per quello che riguarda gli equilibri presenti in Natura tra le varie specie, per quanto riconosca il fatto inconfutabile che l'Uomo continui ad approfittare fin troppo della sua condizione privilegiata: eppure pochi titoli passati da queste parti di recente sono riusciti ad emozionarmi quanto Blackfish, splendido documentario realizzato da Gabriela Cowperthwaite a proposito dello sfruttamento delle orche in cattività per gli spettacoli in parchi acquatici come Sea World.
Incentrato sulla figura possente di Tilikum, il maschio di orca più grande esistente tra quelli in cattività, questo film si carica sulle spalle oltre al peso della denuncia di un certo tipo di utilizzo di questi mammiferi di natura predatoria anche quello di raccontare un volto degli stessi sconosciuto ai più, legati all'immagine che anche il Cinema ha contribuito a creare dell'orca assassina: grazie agli interventi di esperti, infatti, veniamo a scoprire che questi incredibili animali non solo vivono in un contesto sociale di stampo matriarcale ben più complesso di quello umano, ma sviluppano un'intelligenza emotiva di molto superiore alla nostra, grazie ad un'intera porzione di cervello in più rispetto a quello che possiamo vantarci di sfoggiare noi bipedi.
Ma, dato che non sono qui per disquisire di biologia marina e non, mi concentro sulla vicenda principale raccontata con grande capacità non solo di sintesi narrativa, ma anche e soprattutto emotiva dalla regista: la storia di Tilikum.
Separato dalla madre ancora cucciolo e costretto ad una vita simile a quella dei nostri carcerati in piscine che saranno sempre troppo strette per le sue reali necessità, questo ragazzone ha finito per elaborare una sorta di rancore che l'aggressività - siamo pur sempre di fronte ad uno dei predatori più pericolosi del globo, un bestione di oltre cinque metri e tonnellate di peso - porta a galla ogni volta in cui il sottile confine che ancora deve fargli sopportare noi umani viene superato: Tilikum, infatti, nel corso della sua "carriera", è stato responsabile di tre uccisioni - perfino poche, a conti fatti -, dapprima in un parco acquatico in Canada - una delle sue "responsabili" -, dunque nel Sea World di Orlando, con un vagabondo finito a fare un giro piuttosto rischioso e clandestino nella piscina del Nostro e dunque quella che lo rese noto all'opinione pubblica nazionale e non solo dell'esperta addestratrice Dawn Brancheau, che fu accusata addirittura dalla direzione del parco di non aver utilizzato un'acconciatura consona all'esibizione prima e di aver commesso un errore di valutazione rispetto all'animale poi.
Personalmente, penso che quel ventiquattro febbraio duemiladieci furono due le vittime di quel drammatico evento: Dawn e Tilikum, costretto ad assecondare la sua più selvaggia Natura per evitare, probabilmente, di impazzire del tutto in una condizione che, con ogni probabilità, un essere di intelligenza così elevata potrebbe paragonare al nostro schiavismo.
Il grande merito di Blackfish è proprio questo: riuscire, andando oltre l'atto d'accusa esplicito rispetto a Sea World, a raccontare il dolore da entrambe le parti, quello degli amici e dei parenti delle vittime di quello che agli occhi del pubblico è soltato un gioco e quello dei suoi protagonisti, che probabilmente potrebbero insegnarci cose che non siamo neppure in grado di immaginare.
Il tutto senza spettacolarizzare la violenza - non sono mostrate immagini delle uccisioni - e toccando al contrario il cuore dell'audience grazie a sequenze di grande impatto emozionale - l'orca separata dalla figlia che piange straziata, gli ex addestratori in barca commossi nel vedere le orche in libertà, con la pinna dorsale perfettamente dritta, al contrario degli esemplari tenuti in cattività -: roba che, in tempi più o meno recenti, era riuscita solo ad Herzog con il meraviglioso Grizzly man.
E non parliamo di piccoli calibri.
MrFord
"Ooh, and all I taught her was everything
ooh, I know she gave me all that she wore
and now my bitter hands chafe beneath the clouds
of what was everything.
oh, the pictures have all been washed in black, tattooed everything..."Pearl Jam - "Black" -
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