Magazine Cinema
Regia: Michael Mann
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 133'
Attori protagonisti: Chris Hemsworth, Tang Wei
Il buon Michael Mann è tornato ed è riuscito a mettermi nella spiacevole condizione di non sapere bene come trattare il suo ultimo film. In patria è stato massacrato e per ora il punto di pareggio per i 70 milioni di dollari di budget sembra essere irraggiungibile, è anche vero però che la critica non fu tanto gentile neanche con Public Enemies, che dopo un inizio indeciso fece il botto. Ho come il sentore però che il miracolo questa volta non si verificherà.
Blackhat è un action-cyber-thriller molto verosimile sotto certi punti di vista e totalmente inconsistente sotto altri aspetti che ruota intorno a un complotto internazionale da parte di un hacker, contro il quale interverrà l’NSA insieme al governo cinese con qualche comparsata da parte dell’MI6. È in questo contesto che scende in campo Nicholas Hathaway, Thor per intenderci, un hacker finito al gabbio per un impiego non esattamente etico delle sue capacità informatiche. La proposta è semplice: tu ci aiuti a beccare il tizio che sta facendo questo casino e noi ti facciamo uscire.
Diciamo quindi che la storia si presta a essere piuttosto banalotta e a ricordare anche troppo malamente certi film d’azione degli anni ’80 o ’90 col protagonista ipercazzuto, fortissimo, intelligentissimo e che rimorchia pure con una discreta nonchalance, cosa che cozza abbastanza pesantemente con la figura dell’hacker. D’accordo, non sono i brufoli o gli occhiali a farti creare una backdoor ma lasciate che io sia scettico nel vedere un hacker alto, biondo, con gli occhi azzurri, col pettorale da 120 kg di panca piana.
Dal punto di vista tecnico c’è veramente poco da criticare, com’è anche normale aspettarsi. Mann sa dirigere, il film è montato bene e la fotografia è sicuramente il punto forte. La sceneggiatura però risulta un po’ debole e soprattutto la storia sa di “già visto”. Un aspetto sicuramente positivo è però l’attenzione ai tecnicismi. Scordatevi hacker che comandano il tostapane col cellulare o che necessitano di “più potenza” per trovare una breccia in un sistema particolarmente protetto. Questo film fortunatamente prende le distanze in maniera netta da film come Hackers (da vedere solo per la Jolie) dove sembra che un’intrusione di sistema sia un livello di Pacman. Da un punto di vista pratico tutto ciò che viene mostrato è realmente possibile. È lodevole inoltre che pur senza avere grande dimestichezza con l’argomento credo si riesca a seguire tutto abbastanza facilmente.
In conclusione, Blackhat non è assolutamente da buttare ma lascia quel brutto retrogusto di occasione sprecata. Mann è riuscito a fare un film molto attuale nelle tematiche, senza prendersi neanche tante licenze cinematografiche su aspetti estremamente tecnici e non esattamente semplici da trattare. Purtroppo però il risultato è un film d’azione come tanti altri in cui il protagonista sa programmare, maneggiare armi da fuoco, fare a botte e mille altre cose che lo porteranno sempre e comunque a salvare il mondo dal cattivo di turno.
Ingmar Bèrghem
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