I blogger di Blogger sono incazzati neri. Come sanno tutti quelli che usano la piattaforma gestita da Google, tra giovedì e venerdì della scorsa settimana c’è stato un blackout che ha oscurato milioni di blog. Manutenzione maldestra, sottovalutazione del problema, incapacità di gestire la situazione e pessima “Comunicazione di crisi” (ovvero, l’abc della Scienza della comunicazione). Il grave incidente – l’ennesimo di una serie – pone l’inquietante interrogativo sull’affidabilità del cloud computing, del software e delle applicazioni As-a-Service.
Quando la "nuvola" scatena il temporale
Cerco di chiarire. Il mondo digitale sta migrando verso la nuvola. Nel nostro hardware, nelle nostre macchine, c’è sempre meno roba. Perché installare programmi e archiviare dati sul disco fisso quando ci sono sterminate praterie celesti a cui delegare l’incombenza? E poi, vuoi mettere la comodità di ritrovare sempre tutto dappertutto, da qualsivoglia computer o dispositivo mobile collegato alla rete?
Tra qualche settimana arriveranno sul mercato i primi notebook costruiti ad hoc per lavorare con il cloud computing. Tutte le multinazionali digitali – da Google a Microsoft – raccontano mirabilie sui vantaggi della migrazione. Indubbi, ma gli incidenti si susseguono. Prima di Blogger è successo ad Amazon e a Sony, con l’attacco che ha mandato ramengo il network Playstation.
Si devono sottolineare le criticità del mondo digitale per sollecitare un approccio più attento e responsabile ai temi della sicurezza e della comunicazione di crisi. I responsabili di Blogger hanno lasciato gli utenti in braghe di tela, senza informarli correttamente su quanto stava accadendo e sui tempi di risoluzione del problema.
Intanto abbiamo imparato a non fidarci sempre e comunque del cloud computing. Meglio fare backup di ogni cosa, prima di affidarla alla nuvola. Sul vecchio e bistrattato disco fisso, oppure sulle chiavette, che – a questo punto – è meglio spolverare e recuperare dai cassetti in cui erano state abbandonate.