Blaise Cendrars, all’anagrafe Frédéric-Louis Sauser, è stato uno scrittore svizzero naturalizzato francese. Protagonista dell’avanguardia degli anni Dieci e amico di Apollinaire, Chagall e Le Courbusier, ebbe un ruolo fondamentale nelle ricerche più innovatrici della modernità e fu un instancabile viaggiatore. I suoi taccuini di viaggio sono minuziose, bizzarre e appassionate diapositive dei paesi che visitò e dei sentimenti comuni a quell’anatomia dell’irrequietezza su cui Bruce Chatwin ha scritto libri su libri. Questi Feuilles de route, pubblicati a Parigi nel 1947, si presentano come un diario di viaggio in Brasile, sospese tra prosa e poesia e tra andata e ritorno. Qui se ne presentano tre testi tradotti da Rino Cortiana e pubblicati in uno splendido volume edito da Libri Scheiwiller nel 1992 che ho consumato in una nottata.
Mi hai detto se mi scrivi
Non scrivere tutto a macchina
Aggiungi una riga di tuo pugno
Una parola una sciocchezza una cosa da niente
Sì sì sì sì sì sì sì sì
Eppure la mia Remington è proprio bella
L’amo molto e funziona a meraviglia
La mia scrittura è netta e chiara
Si vede molto bene che sono stato io a scrivere
CI sono degli spazi che solo io so fare
Guarda dunque come è battuta la mia pagina
Tuttavia per farti piacere aggiungo a penna
Due o tre parole
E una grossa macchia d’inchiostro
Per impedirti di leggerle
***
L’aria è fredda
Il mare è d’acciaio
Il cielo è freddo
Il mio corpo è d’acciaio
Addio Europa che lascio per la prima volta dal 1914
Nulla mi interessa più a bordo neppure gli emigranti dell’interponente ebrei russi baschi spagnoli portoghesi e saltimbanchi tedeschi che rimpiangono Parigi
Voglio dimenticare tutto non parlare più le tue lingue e coricarmi con negri e negre indiani e indiane animali e piante
E fare un bagno e vivere al sole in compagnia di un grosso banano
E amare la grande gemma di questa pianta
Segmentare me stesso
E diventare duro come un ciottolo
Cadere a picco
Andare a fondo
***
Oggi sono forse l’uomo più felice del mondo
Possiedo tutto ciò che non desidero
E alla sola cosa cui tengo nella vita d’ogni giro d’elica mi avvicina
E forse arrivando avrò perduto tutto